Hud il selvaggio (1963)
"Nessuno esce vivo dalla vita"
Presentato al
Festival di Venezia nel 1963, “Hud il
selvaggio” è l’adattamento cinematografico del romanzo di Larry McMurtry “Horseman, pass by”. Prodotto e diretto
dal regista americano Martin Ritt, questo film segna uno dei vertici nella
carriera del grande Paul Newman, qui alle prese con uno dei suoi ruoli più
famosi: quello di Hud Bannon, un uomo spregiudicato, arrogante, insolente ed
egocentrico. Egli ha pochi interessi oltre a quello di divertirsi evitando le
responsabilità. La sua vita è limitata al bere, iniziare risse al bar, girare
con la sua Cadillac sportiva rosa ed andare a letto con donne, sposate o meno.
In perenne
disaccordo con l’anziano padre Homer, un allevatore dai solidi principi che non
ha mai perdonato al figlio di aver provocato la morte del fratello maggiore. Al
centro di questo insanabile conflitto troviamo il nipote diciassettenne Lonnie,
adolescente inquieto interpretato dall’ex-bambino prodigio Brandon De Wilde
(scomparso in un incidente stradale a soli trent’anni).
L’ambientazione del film di Ritt è il profondo Sud degli Stati Uniti, scenario di innumerevoli saghe familiari del cinema americano classico: quel Texas rurale, irrimediabilmente cristallizzato nel mito del western, che ritroveremo anche in un’altra celebre pellicola tratta da un libro di McMurtry: “L’ultimo spettacolo”, portato sullo schermo da Peter Bogdanovich nel 1971. Ed è proprio in un vasto ranch del Texas che ha luogo il violento confronto fra Hud, egocentrico, amorale ed incapace di assumersi le proprie responsabilità, e suo padre Homer, un uomo tradizionalista legato al valore del proprio lavoro e della propria terra. Un confronto che si concluderà in un epilogo decisamente amaro.
La sceneggiatura del film, firmata da Harriet Frank Jr ed Irving Ravetch, si distingue per la perfezione dei dialoghi e l’accuratezza nel disegno dei personaggi; ma all’esito complessivo contribuisce soprattutto un cast magistrale, capitanato da un eccellente Paul Newman e dalla bravissima Patricia Neal nel ruolo di Alma, la disincantata governante del ranch dei Bannon. Vincitore di tre premi Oscar: miglior attrice (Patricia Neal), miglior attore non protagonista (Melvyn Douglas) e miglior fotografia, per il suggestivo bianco e nero di James Wong Howe.
L’ambientazione del film di Ritt è il profondo Sud degli Stati Uniti, scenario di innumerevoli saghe familiari del cinema americano classico: quel Texas rurale, irrimediabilmente cristallizzato nel mito del western, che ritroveremo anche in un’altra celebre pellicola tratta da un libro di McMurtry: “L’ultimo spettacolo”, portato sullo schermo da Peter Bogdanovich nel 1971. Ed è proprio in un vasto ranch del Texas che ha luogo il violento confronto fra Hud, egocentrico, amorale ed incapace di assumersi le proprie responsabilità, e suo padre Homer, un uomo tradizionalista legato al valore del proprio lavoro e della propria terra. Un confronto che si concluderà in un epilogo decisamente amaro.
La sceneggiatura del film, firmata da Harriet Frank Jr ed Irving Ravetch, si distingue per la perfezione dei dialoghi e l’accuratezza nel disegno dei personaggi; ma all’esito complessivo contribuisce soprattutto un cast magistrale, capitanato da un eccellente Paul Newman e dalla bravissima Patricia Neal nel ruolo di Alma, la disincantata governante del ranch dei Bannon. Vincitore di tre premi Oscar: miglior attrice (Patricia Neal), miglior attore non protagonista (Melvyn Douglas) e miglior fotografia, per il suggestivo bianco e nero di James Wong Howe.
"L'unica cosa che chiedo ad una donna è quando rientra suo
marito"