domenica 25 settembre 2016

La domenica delle salme - Fabrizio de Andrè


Little Boy




Little Boy è una pellicola del 2015 diretta da Alejandro Gomez Monteverde.
Il film racconta la storia di un bambino, Pepper Flynt Busbee che ha un rapporto molto speciale con suo padre. Pepper è nato di piccola statura e ha problemi di crescita; i suoi coetanei lo fanno oggetto di bullismo, lo chiamano “nano” e lo deridono.



Forse anche per questa condizione di fragilità, James Busbee, il papà, sostiene e incoraggia Pepper a fare grandi cose. Lavorando con la fantasia e con l’eroe dei fumetti Ben Eagle il mago, James insegna al figlio che per riuscire a compiere azioni straordinarie bisogna aver fiducia nelle proprie capacità e impegnarsi a fondo.
Tutto procede nella più gioiosa armonia familiare, fino a quando il figlio più grande, London, viene chiamato alle armi per la guerra, ma viene respinto perché ha i piedi piatti.
 Insieme alla forte delusione, c’è il fatto che James deve partire per la guerra, e questo scuote la famiglia Busbee. 


La situazione diventa ancora più drammatica quando, dopo qualche settimana, un ufficiale dell’esercito comunica alla mamma di Pepper, che il padre è stato catturato dai giapponesi. La rabbia invade il cuore dei due ragazzi, che successivamente incontrano Hashimoto, un giapponese che vive in città. 


domenica 11 settembre 2016

Marlon Williams - Hello Miss Lonesome


The Rolling Stones - Like A Rolling Stone


Steve Young - Primal Young




Steve Young, è sulla breccia da più di trenta anni. Il suo stile di folksinger-country  non è mai stato contaminato e, dopo anni di silenzio, dopo una serie di lavori svogliati, dopo essere praticamente scomparso, dopo essere andato in Nord Europa, dove la sua musica è sempre apprezzata, riappare con un disco che ci lascia bocca aperta.
Sì, Primal Young, è il suo disco più bello, di sempre. Meglio di Rock Salt & Nails ('69), Seven Bridges Road ('72), dei due celebrati album su RCA (Renegade Picker e No Piace to Fall, 76 e 77). Primal Young è un disco intenso, profondo, personale, in bilico tra folk e country, blues, rock e gospel, suonato con pochi ma misurati strumenti e cantato con una passione che non si ritrovava in lui da anni.
A 58 anni Young ha costruito il suo capolavoro, il suo testamento musicale, il disco da portare sull'isola deserta. Inatteso perché ormai lo consideravano un minore, uno che si era adagiato a fare il loner sia per mancanza di vantaggiosi contratti discografici, che per pochezza di stimoli. Una serie di dischi onesti, ma niente di più. Poi, come fulmine a ciel sereno, ecco Primal Young


Questa è musica d'altri tempi, musica vera, con radici profonde nel folk, e nel blues, nel rock'n'roll, nel gospel e nel country: musica scevra da compromessi, cantata e suonata con una passione straordinaria.Young da il meglio di sé sia come vocalist che come chitarrista, oltre come compositore. Il disco, elettroacustico, è un omaggio alla musica tradizionale americana, ed ha dalla sua un suono splendido, grazie anche alla curatissima produzione di JC Crowley ed ai musicisti sopracitati.
Jig è una ballata tradizionale, ma è di Steve, in cui melodia e nostalgia vanno di pari passo: la ritmica morbida, la pedal steeel, la fisarmonica ed violino creano un tappeto perfetto, e la voce, forte e motivata, domina. Il crescendo, di voce e strumenti, è tanto semplice quanto coinvolgente. Scotland is a Land ha il sapore delle folk ballads tradizionali nord europee, ma filtrata attraverso un suono di matrice americana: l'uso della fisarmonica (Parks) e del violino (Eastman), nobilitano l'intensa melodia. Worker's Song (Handful of Heart) è una folk song di grande impatto: andatura epica, crescendo continuo, melodia potente. 


Young richiama Woody Guthrie ma anche cantautori folk come Richard Thompson. Il brano cresce nota dopo nota, la voce si fa sempre più forte, la musica più profonda. East Virgina è un folkbluegrass (scritto da Steve) che assomiglia ad un brano tradizionale. Pochi strumenti, solo una manciata di chitarre ed il fiddle, tempo veloce, e voce che si distende sulla melodia senza tempo. Blackland Farmer è un classica canzone country, venata fortemente di nostalgia. Il suono è caldo, la base piena, con il violino e la pedal steel (Monnett) che stemperano le loro vibrazioni dietro alla voce forte e sicura.
 The Year That Clayton Delaney Died è un country blues sapido tratto dal repertorio di Toni T Hall: versione semplice, suonata in punta di dita, e cantata con il cuore in mano. Lawdy Miss Clawdy era, a tempo, un rock'n'roll eseguito dal nero Lloyd Price (ma l'ha interpretata anche Elvis Presley).
Young si inventa una versione personalissima, rallentando al massimo il tempo e facendola diventare quasi un valzer old fashioned, cantato con voce distesa e suonato alla maniera texana, languido ma senza essere molle. Una rilettura intrigante. Lo stesso si può dire per Sometimes I Dream di Merle Haggard che il nostro interpreta completamente da solo: la country song diventa una folk ballad triste, profonda, interiore. Un lamento notturno, da sentire ad occhi chiusi sognando foreste a perdita d'occhio e immense pianure verdi, solcate da fiumi generosi. Heartbreak Girl è un tuffo nella nostalgia. Lenta, sinuosa, avvolgente, è una struggente country song puntualizzata dalle voci e dalla steel guitar, con le chitarre che fanno da cornice e la melodia che si libra nell'etere. 


No Longer Will My Heart Be Truly Breaking riprende il tema della canzone precedente, con un drumming native american style, una voce sospesa, e gli strumenti che stazionano in attesa di un esplosione che non avverrà mai. Chiude la folk song Little Birdie, piccolo gioiello incastonato in una collana preziosa. Steve Young non ha mai inciso un disco di tale bellezza. E questa, dopo una onorevole carriera, è certamentre la sua opera più personale e compiuta. L'opera di un grande artista.




giovedì 1 settembre 2016

Il Pan del Diavolo - I Fiori


The Cramps - Live at Napa State Mental Hospital




Nel corso degli anni la musica contemporanea ha varie volte oltrepassato le sue barriere, fondendosi in maniera inscindibile con l’arte visiva. Nomi come Luigi Russolo, John Cage, Edgard Varese o Brian Eno rappresentano esempi lampanti di una  sperimentazione tesa ad unificare la potenza delle arti con l’obiettivo di indagare ogni soluzione creativa possibile. A volte però le intenzioni artistiche sono talmente spontanee e selvagge che solo a distanza di molti anni si riesce a comprenderne la loro forza.


E’ questo il caso della band statunitense The Cramps, formazione nata nel 1975 e fautrice di un originale punk rock fuso con il più tradizionale rockabilly. Il leader della band, Lux Interior (Erick Purkhiser) conobbe Poison Ivy (Kristy Wallace, chitarrista del gruppo ed altro membro fondamentale) a Sacramento in California nel 1972. I due, grandi collezionisti e adoratori dei dischi in vinile, decisero di formare una band e partecipare attivamente ad una scena punk che comprendeva nomi di spicco come Ramones, Television e Patti Smith. Particolarità della band era il fatto di non avere un bassista ma di avere una presenza scenica ed una creatività selvaggia, fuori dal comune. Nella storia di questa band che in fondo potrebbe essere uguale a quella di tante altre del periodo successe però un fatto del tutto inaspettato, una vicenda artistica che ancor oggi ha il sapore di una performance inedita ed inarrivabile. Durante un loro tour del 1978, i Cramps, crearono infatti uno dei momenti artistici più strani di sempre decidendo di suonare all’interno di una casa di cura per malati mentali, il Napa State Mental Hospital.


Sarebbe difficile credere a questa vicenda se la band non avesse filmato tutto con una videocamera Sony portapack. Ed è ancor più difficile immaginare come abbiano fatto i Cramps ad ottenere i permessi per suonare in un manicomio. Il Concerto si apre con Lux Interior che grida alla folla di pazienti: “Siamo i Cramps e veniamo da New York City, abbiamo guidato per 3.000 miglia per venire qui e suonare per voi”.
Fottiti! risponde un paziente. Da quel momento in poi il concerto ascende verso il caos puro, la folla si dimena e si contorce, saltando da un lato all’altro della sala. Un paziente sale sul palco e duetta con Lux, poi afferra il microfono e comincia ad improvvisare parole in libertà, seguendo il ritmo della canzone. Tra contatti, spinte, sguardi catatonici e movimenti scomposti il concerto prosegue verso strade inesplorate, andando ad incrociare la performance artistica in una maniera spontanea, forse ingenua ma incredibilmente visionaria, come solo la follia pura riesce ad essere. Lux Interior è morto il 4 febbraio del 2009 a Glendale in California ma la rivoluzionaria energia dei Cramps vive ancora all’interno dei suoi dischi.




Una canzone per Bobby Long




New Orleans è una sirena, tentatrice, un posto da favola, un'illusione.

Una canzone per Bobby Long è ambientato nell'immaginifica Louisiana, terra che vive di forti contrasti, colori accesi quasi eccessivi si contrappongono a vite grigie, pieni di rimpianti, scandite dal tempo che sembra non scorrere.
Nella città simbolo di questo paese, New Orleans, arriva un giorno Purslane(interpretata da una giovanissima Scarlett Johansson) un'adolescente triste e sola che torna nella città della sua infanzia dopo aver ricevuto notizie della morte della madre.


Qui viene a contatto, con un ex professore dedito all'alcolismo, Bobby Long(interpretato da un ottimo John Travolta) e Lawson (Gabriel Macht), scrittore ormai fallito, distrutti dalla loro quotidianità priva di aspettative e colma di rimpianti.
Riuniti nella casa della donna scomparsa i tre si trovano costretti ad una inattesa quanto difficile convivenza attraverso la quale riusciranno però a trovare una sorta di riscatto. 


Sebbene tutti profondamente immersi nella malinconia per un passato indubbiamente doloroso e solitario, i due uomini e la ragazza scoprono di avere ancora voglia di cambiare e migliorare. Nei lunghi e caldi pomeriggi passati a bere e a fumare immersi nel rigoglio della vegetazione o davanti al caldo del caminetto nei freddi inverni, essi aprono i cuori alle parole e a pensieri mai detti.


Leggendo le opere di tipi come Carson McCullers, Flannery O' Connor o declamando versi di Dylan Thomas si rivelano le tragiche ferite di ognuno mentre redenzione e penitenza si intrecciano strettamente. E se da una parte la giovane Pursy scopre che i suoi ricordi d'infanzia sono reali e non immaginati come ha sempre creduto, dall'altra l'anziano Bobby Long riscopre un nuovo senso della vita e soprattutto la possibilità di riprenderla in mano e viverla al meglio.


L'inverno non si sente mai veramente a casa a New Orleans. È solo un ospite sgradito che serve soltanto a ricordarci quello che ci manca. E se ne va giusto in tempo per farcelo dimenticare di nuovo.