venerdì 29 novembre 2013


La macchina parlante

Thomas Edison collaudò la prima macchina “parlante” incidendo una filastrocca infantile “Mary aveva un agnellino”. Quello che era stato inciso era quasi incomprensibile, ma fu un grande passo in avanti perché era stato il primo a incidere e a riascoltare la propria voce. Il brevetto fu depositato il 24 dicembre del 1877.



L'input decisivo si deve all'intraprendenza e alla capacità di un tedesco emigrato negli USA: Emil Berliner, che nella primavera del 1887 brevetta negli Stati Uniti il "Gramophone". 
L'invenzione consiste in un apparecchio con braccio grammofonico, movimento a manovella e puntina di iridio che solca il rivestimento di cera di un disco di zinco. 
Dall'originale disco di zinco bisogna però ottenere la matrice per la riproduzione in copie. Le innovazioni si susseguono serratamente di anno in anno sino a quando, nel 1904, alla fiera di Lipsia, viene presentato il disco a due facciate. 
Bisognerà aspettare poi il primo dopoguerra mondiale per vedere, in un contesto di grande impulso tecnologico impartito al mondo occidentale proprio dalle necessità belliche, il passaggio dall'incisione meccanica a quella elettrica, la stereofonia, l'amplificazione.


Il cagnolino Jack Russell Terrier che ascolta musica da un grammofono è un famoso dipinto del pittore londinese Francis Barraud che alla morte del fratello Mark aveva ereditato da questi il suo cane Nipper e molti dischi con su incisa la sua voce; pare che Nipper rimanesse incantato per ore ad ascoltare il padrone parlare dal grammofono e ciò abbia commosso Barraud, che è in questa posizione che l'ha ritratto.Il quadro suddetto fa da logo di una delle più antiche case discografiche, la britannica Grammophone, poichè il dipinto era noto come La Voce del Padrone, anche la casa discografica veniva spesso conosciuta ufficiosamente con questo nome.

 


domenica 17 novembre 2013



L’uomo che non c’era - Joel & Ethan Coen

"La vita mi ha servito delle mani perdenti, o magari non le ho sapute giocare, chissà..."


Ed Crane non parla molto.
Si limita ad osservare in silenzio la vita che trascorre davanti a lui indifferente.
Nessuno ricorda il suo nome.
E' solo un barbiere. E questa sarà la sua condanna ad un'esistenza mediocre, in una società che abortisce l'uomo qualunque quale legno storto dell'umanità che stenta a conquistarsi un ruolo.
Ha una moglie troppo presa da sé e dai suoi tentativi di fare carriera nell'emporio in cui lavora e dove ha stretto una relazione con Big Dave.
Ed Crane annusa la possibilità di dare nuovo corso alla sua vita quando a tagliare i capelli nel suo negozio arriva un truffaldino in cerca di un investitore che finanzi il suo rivoluzionario progetto nel lavaggio a secco. Ed decide di mettersi in affari con l'imprenditore dalla capigliatura posticcia e per procurarsi la cifra richiesta ricatta, attraverso una lettera anonima, Big Dave, paventandogli il rischio di svelare l'adulterio (con sua moglie) se non avesse pagato.
Big Dave paga, contraffacendo i libri contabili dell'emporio, ma scoprirà che è stato lo stesso Ed a ricattarlo e deciderà di incontrarlo.
Da lì niente sarà come prima.

I fratelli Coen si cimentano in quello che sanno fare meglio: raccontare la contropartita che il fato riserva a chi cerca di fuggire dall'apatia della propria quotidianità, nell'aspirazione utopica alla vita esatta.
Il film è inserito in un bianco e nero sapientemente luminoso, configurandosi come un omaggio alla tradizione noir.


La fotografia ci immerge in atmosfere sulfuree dai rivoli retrò e i cui rimandi espressionisti parlano al passato.
I Coen ci mettono davanti, attraverso  il loro dark humour, il trionfo del nichilismo, in cui i personaggi incarnano il vuoto dell'anima che ha perso un sistema di riferimento valoriale.
Pur nella assurdità del reale, e nella concatenazione di eventi sfavorevoli che colpiscono chi tenta goffi riscatti sociali, i Coen non si lasciano vincere dal pessimismo cosmico, ma lanciano messaggi positivi e di speranza.
Così, in questo caso, il protagonista ci rassicura che in una dimensione altra potrà incontrarsi con la moglie "e dirle tutte quelle cose che qui non hanno parole".



domenica 10 novembre 2013




L’uomo che andava al cinema – Walker Percy



“Il fatto è che sono proprio felice in un cinema, anche quando proiettano un brutto film. Altre persone, così ho letto, fanno tesoro dei momenti memorabili della loro vita. Quello che ricordo io è quando John Wayne uccise tre uomini con una carabina mentre cadeva nella polvere in Ombre rosse e la volta in cui il gattino trovò Orson Welles sulla soglia del portone nel Terzo uomo.”


Binx Bolling diffida della realtà grigia e indifferente.
Diffida del prossimo, della normalità a cui è chiamato.
Preferisce il cinema, luogo in cui si può vivere qualcos’altro, anche se non necessariamente migliore, al punto che anche un brutto film, visto in una sala buia, dà felicità.
 Preferisce le belle donne, che strappano ai suoi occhi lacrime di gratitudine.
È la sua via verso la Meraviglia e il Mistero.  
Kate Cutrer è vittima di una sinistra magia: trasforma quello che tocca in orrore.
Ma quando tutto è perso, quando gli altri si disperano per lei, è allora, nel momento più nero, che Kate appare come la divina, la donna più affascinante di New Orleans.
Binx e Kate si riconoscono al volo, si fiutano a lungo, tentano di evitarsi, si ritrovano.
Un romanzo sulle trappole della società moderna, ma Percy ci rassicura: possiamo sconfiggere la solitudine se ci interessiamo alla ricerca, cioè allo stupore della vita.
Un grande e dimenticato capolavoro americano. 

“Ci fermiamo in una baia e prendiamo un aperitivo sotto le stelle. Non è male decidere di percorrere la strada secondaria, non la grande Ricerca della felicità ma la piccola e triste felicità degli aperitivi e dei baci, una buona macchinina e una coscia calda e tenera.”


Walker Percy è nato a Birminghan in Alabama nel 1916 in una famiglia altolocata ma parecchio infelice: il padre si suicida prima della sua nascita, la madre muore due anni dopo in un incidente stradale. Lo zio che gli fa da tutore si rivolge a lui citando massime di Marco Aurelio.
Viste le premesse, non stupisce che Walker riveli un temperamento piuttosto introverso e sensibile, nonché una certa propensione alla sfortuna.
Si laurea in medicina, ma negli anni di tirocinio contrae una brutta forma di tubercolosi, che lo costringerà a un’interminabile convalescenza.
Durante i lunghi mesi a letto legge Kierkegaard e Dostoevskij, si converte al cattolicesimo e decide di gettare il camice alle ortiche e diventare scrittore.
Studia, scrive e conduce vita ritirata; tra i suoi grandi meriti, l’aver portato alla pubblicazione “Una banda di idioti” di John Kennedy Toole.
Percy muore a New orleans nel 1990.


“Oggi è il mio trentesimo compleanno e sono seduto sulla giostra nel cortile della scuola, aspetto Kate e non penso a niente. Ora, all’inizio del trentunesimo anno del mio tetro pellegrinaggio sulla terra, sapendo meno di quanto ne abbia mai saputo, avendo imparato solo a riconoscere la merda quando la vedo, vivendo in realtà nel secolo stesso della merda, il grande cesso dell’umanesimo scientifico dove i bisogni sono soddisfatti, dove ognuno diventa uno qualsiasi, una persona calorosa e creativa, e prospera come uno scarafaggio stercorario, e dove gli uomini sono morti, morti, morti; e dove il disagio occupa perennemente il cielo come una pioggia di pulviscolo radioattivo e dove la gente teme in realtà non che si faccia esplodere la bomba ma che non lo si faccia - in questo giorno in cui compio trent’anni, non so nulla e non mi resta altro da fare che cadere in preda al desiderio.”

sabato 9 novembre 2013



 Arthur Rothstein



E' considerato uno dei principali fotogiornalisti americani.
Nato a New York nel 1915, ha frequentato la Columbia University ed è diventato uno dei fotografi più importanti del XX secolo.
In una carriera che è durata cinquant'anni, ha provocato, intrattenuto e informato il popolo statunitense.
Ha immortalato la Grande Depressione, i campi di baseball, l’atrocità della guerra, il dramma dei contadini rurali, gli anni di Ronald Reagan.


Insieme ad altri fotografi, come Mary Post Wolcott, Walker Evans e Jack Delano, era stato assunto dalla Farm Security Administration, l'agenzia federale fondata nel 1935 per combattere la povertà e rivitalizzare il settore agricolo, per documentare le condizioni di vita dei contadini americani.
Ha fatto della fotografia un'arte e i suoi scatti rappresentano un pezzo di storia. 


“Poiché le immagini che hanno un grande significato sono impresse nella nostra mente più delle parole stesse e poichè una foto ha lo stesso significato in ogni angolo del mondo non c'è bisogno di nessun interprete. La fotografia è un linguaggio universale”.