Frank Fairfield
La
sensazione è quella di compiere un balzo indietro nel tempo tornando
all'America rurale dell'inizio del secolo scorso, quando la musica era parte
integrante della vita quotidiana e della cultura delle persone comuni. Con i
suoi vent'anni ed un repertorio fatto di folk, bluegrass ed old-time music,
Frank Fairfield sembra un personaggio sfuggito ad un racconto di William
Faulkner o ad una pellicola dei fratelli Coen.
Nato
in California nella San Joaquin Valley, fin dall'adolescenza il giovane artista
intraprende una vita randagia frequentando saltuariamente il college e
accettando lavori umili per sbarcare il lunario, almeno fino al momento in cui
non si ritrova ad Oakland in completa miseria ed è costretto a riparare a Los
Angeles, dove può contare sul supporto della famiglia.
E' nella città degli Angeli che Frank matura
la decisione di seguire le orme del nonno, errabondo musicista e raccoglitore
di frutta, e torna sull'asfalto portandosi dietro una chitarra, un violino, un
banjo ed un antico grammofono con una collezione di rari 78 giri, per mettere
in scena un numero che Robin Pecknold dei Fleet Foxes definisce "...suona proprio come Mississippi John
Hurt...nato nell'epoca sbagliata...e con una voce meravigliosa...", ed
è tra i saltimbanchi e le chiromanti che affollano i marciapiedi di Hollywood,
che Fairfield viene notato e inserito in piccoli eventi locali fino a fare da
supporter a importanti band. Josh Rosenthal, responsabile di un etichetta di
New York molto attenta alla tradizione, mette sotto contratto il giovane
talento per un esordio omonimo, che suscita tanto entusiasmo da scomodare
perfino il musicologo Greil Marcus, che scrive di lui "...un giovane californiano che canta e suona come qualcuno
sgusciato dalle montagne della Virginia portando con sè canzoni familiari che
nelle sue mani paiono dimenticate: versi spezzati, un ronzio dissonante, il
violino o il banjo suonati in maniera percussiva, ogni momento in crescendo più
alto di quello precedente...". Oggi Fairfield non è una star, ma di
sicuro uno dei nomi da tenere in conto quando si parla di musica trazionale
americana, dato che il nuovo lavoro di studio Out on the Open West non si limita a rileggere vecchi traditionals,
ma allinea una manciata di composizioni autografe, che dei traditionals
mantengono tutta la sacralità ed il rigore. Quella di Frank Fairfield è una
musica fuori dal tempo, arcaica, cruda e rurale, con melodie semplici e prive
di qualsiasi virtuosismo, ma estremamente toccanti ed autentiche, intonate da
una voce che suona polverosa ed antica come i versi che interpreta. Out on the Open West è un lavoro di
grande intensità e spessore culturale, dove i suoni sono ridotti all'osso, le
armonie delineate da un paio di strumenti al massimo e cantate da una voce che
sembra provenire da un cilindro di ceralacca.
Registrato
in mono, Out on the Open West è il
canto di un'America estinta che gira a 78 giri e che sopravvive forse solo
nelle strofe e nelle incerte melodie di queste meravigliose canzoni.
(Tratto dalla rivista Buscadero)
"nato nell'epoca sbagliata...e con una voce meravigliosa..."
RispondiEliminane conosco un altro!!!