John Fante
“Rimasi fermo per un attimo a leggere, poi mi portai il
libro al tavolo con l’aria di uno che ha trovato l’oro nell’immondezzaio
cittadino.
Le parole scorrevano con facilità, in un flusso
ininterrotto. Ognuna aveva la sua energia ed era seguita da un’altra simile che
ti impedivano di smettere; dovevi andare avanti per forza, sapere come andavano
a finire le cose raccontate. Ecco finalmente uno scrittore che non aveva paura
delle emozioni: ironia e dolore erano intrecciate tra loro con una
straordinaria semplicità. Lessi altri suoi romanzi ed erano tutti dello stesso
tipo, scritti con le viscere e per le viscere, con il cuore e per il cuore”.(
Charles Bukowski)
Il padre, Nick, un muratore di Torricella Peligna (Abruzzo meridionale), emigra negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento, dove sposa Mary Capolungo, una cattolicissima italoamericana, nata a Chicago, figlia di un sarto lucano. John Fante, primo di quattro figli, trascorre la sua infanzia a Boulder (Colorado).
Negli anni Trenta, poco più che ventenne, John Fante si trasferisce in California, a Wilmington, nei pressi del porto di Los Angeles. Segue per un breve periodo alcuni corsi di scrittura all’Università di Long Beach: vuole diventare scrittore.
A Los Angeles, Fante è costretto ad alternare la sua attività di scrittore a lavori come il lavapiatti, il fattorino d’albergo, l’operaio nelle fabbriche di scatolame di pesce.
L’esperienza fatta in questo periodo a Los Angeles, così come i ricordi legati alla sua infanzia trascorsa nel Colorado, alla figura della madre e soprattutto del padre diventano “materia” letteraria da cui Fante attinge per la stesura di buona parte della sua opera.
Dopo la stesura del suo primo romanzo, La strada per Los Angeles, più volte rifiutato dagli editori e uscito postumo, Fante pubblica nel 1938 Aspetta primavera, Bandini considerato dalla critica americana tra i migliori libri dell’anno. Il romanzo è tradotto in Italia da Elio Vittorini.
Nel 1939, viene pubblicato Chiedi alla polvere, il suo capolavoro. L’anno dopo, la casa editrice Viking di New York dà alla stampa la sua prima raccolta di racconti, Dago Red.
Parallelamente a quella di scrittore, Fante esercita in questi anni la professione di sceneggiatore. Ciò gli consente di vivere con una certa agiatezza economica.
Lavora a Hollywood per più di quarant’anni, scrivendo sceneggiature di film di serie B e collaborando con registi del calibro di Edward Dmytryk e Orson Welles.
Alla fine degli anni Trenta, Fante dopo il rifiuto della pubblicazione di un romanzo sugli emigrati filippini della California (The Little Brown Brothers), amareggiato, rimane circa dieci anni senza più scrivere un solo rigo di narrativa e, con grande frustrazione, si concentra quasi esclusivamente sul suo lavoro di sceneggiatore, che però non ama particolarmente.
Questi sono gli anni in cui Fante conduce una vita di eccessi, dedita al gioco d’azzardo, al golf e all’alcool. Bisogna aspettare gli anni Cinquanta per un nuovo romanzo.
Full of Life esce nel ’52 e diventa subito un best-seller.
In questi anni Fante ritrova la sua verve creativa e scrive alcuni dei suoi romanzi e racconti più intensi, che però saranno a lungo ignorati dalle case editrici: La confraternita dell’uva, romanzo sulla figura del padre tra i più belli della letteratura mondiale secondo Francesco Durante, è pubblicato solo nel 1977, mentre 1933 Un anno terribile e Il mio cane stupido usciranno postumi.
Fante fu un precursore dello stile disincantato e realista di sfida ai concetti dell’”American Dream” da parte del movimento della Beat Generation.
Ma a differenza degli autori “Beat”, non prese mai posizione di critica ma gli bastò descrivere, attingendo dai propri ricordi d’infanzia e dalle sue stesse esperienze di vita, l’esistenza vera e l’emarginazione sociale degli immigrati (vissuta in prima persona) rispetto ai poteri egemoni dell’America che conosceva.
Sebbene afflitto da un dilagante diabete che lo ha reso cieco e disabile, nel 1979 John Fante decide di scrivere un nuovo romanzo e inizia a dettare alla moglie quello che sarà il suo ultimo romanzo, Sogni di Bunker Hill, pubblicato nel ’82.
John Fante muore l’8 maggio del 1983, qualche mese dopo la ristampa di Aspetta Primavera, Bandini.
“Fante era il mio dio e io sapevo che gli déi vanno lasciati
in pace, non si andava a bussare alla loro porta. E tuttavia mi piaceva
immaginare la casa dove era vissuto, in “Angel’s Flight”, e illudermi che ci
abitasse ancora. Ci passavo davanti quasi ogni giorno e mi chiedevo : è questa
la finestra da cui è uscita Camilla? E’ quella la porta dell’albergo ? Quella
la hall? Non l’ ho mai saputo. Ho riletto “Chiedi alla polvere” quest’anno,
trentanove anni dopo la prima volta, e ho dovuto riconoscere che ha resistito
al tempo, come tutte le altre opere di Fante”. ( Charles Bukowski)
Nessun commento:
Posta un commento