Nato nel 1861 nei dintorni di
Canton, New York, è stato uno dei più grandi pittori del west.
Figlio di un eroe della Guerra
Civile americana e di una giovane borghese di ricca famiglia, Remington mostrò
fin da piccolo la sua innata passione per i cavalli e per le cose militari al
punto che per i genitori fu assolutamente naturale mandarlo ad un'accademia
militare per proseguire con gli studi secondari.
Pervaso da una irrefrenabile
passione per l'arte e dotato di una non comune capacità di rappresentare
qualunque soggetto e ambientazione, provò a dotarsi degli strumenti teorici
disponibili a quel tempo frequentando alcuni selezionati college, ma alla fine
preferì mollare tutto e partire per l'avventura verso il west.
Non dobbiamo dimenticare che si
parla di tempi eroici in cui ancora la frontiera non era stata completamente
esplorata e le principali guerre indiane non erano state combattute.
Vide un'infinità di posti
memorizzandone i dettagli, si procurò fotografie di ogni dove, si fece
raccontare tutto sulla frontiera e sugli uomini che li rischiavano la vita.
E disegnò, pitturò e incise il
bronzo. Centinaia di tele hanno descritto, attraverso i decenni della sua piena
attività, ogni angolo di vita dell'old west americano: indiani, cow-boys,
rancheros, agguati, battaglie, cariche, silenzi, paesaggi, bestiame.
La gran parte delle opere è
esposta presso Ogdensburg nella casa della famiglia Remington, trasformata nel
"Frederic Remington Art Museum", ma decine e decine di capolavori
impreziosiscono le case di molti collezionisti privati che ne sono entrati in
possesso pagando a caro prezzo. La sua opera The Outlier del 1909,
conservata al Brooklyn Museum, è stata utilizzata da Fabrizio De André per la copertina del suo
album del 1981, ufficialmente senza titolo e conosciuto come l'indiano.
mercoledì 19 novembre 2014
La
bibbia al Neon - John Kennedy Toole
“ …E così adesso sono su questo treno. E’ appena spuntata l’alba….Qui
siamo in pianura. Adesso che è chiaro vedo che da queste parti non c’è neanche
una collina. Non ho mai visto una pianura e mi chiedo che effetto faccia
viverci. Io sono abituato a vedermi intorno le colline e i pini, ma qui non ci
sono né pini né altri alberi alti, soltanto degli alberi bassi e come
appiattiti, che di certo non ondeggiano al vento”
C’è un ragazzino sensibile e sognatore che cresce in un
piccolo villaggio sonnolento, bigotto e crudele, nella profonda provincia
rurale americana. Ha un occhio osservatore e una particolare propensione ad
accettare in maniera quasi impassibile ogni evento, comprese le tante
difficoltà che si abbattono sulla sua famiglia.
Il padre che perde il lavoro e diventa violento, l’arrivo in famiglia
dell’eccentrica zia Mae che, accompagnata dalla fama di cantante, riesce a dare
scandalo nel piccolo paese in mano ad un pastore bacchettone e retrogrado. Una
comunità di moralisti che fa ricadere automaticamente il biasimo per la zia
sulle spalle di David, vittima persino delle angherie della maestra, moglie del
pastore. Eppure il ragazzo continua la sua vita, consapevole dell’ipocrisia
imperante, ma scegliendo di attraversare le difficoltà in silenzio od almeno
così appare…
Opera giovanile di John Kennedy Toole, che scrisse questo
libro a soli 16 anni, si avete letto bene, a sedici anni La Bibbia al neon ha
dovuto aspettare più di quarant'anni per uscire dal cassetto in cui era stato
confinato.
Dopo dieci anni infatti Toole scrive il suo secondo romanzo Una banda di Idioti cercando a lungo di far
lo pubblicare, ma senza successo. Ben otto editori rifiuteranno il testo,
nessuno o quasi sembra accorgersi della sua genialità. Ignorato e snobbato
dalle case editrici, imprigionato nel tragico ruolo di genio incompreso, cadde
in depressione.
Fu probabilmente quella situazione di isolamento che lo spinse
al suicidio a soli trentadue anni nel 1969.
Se non fosse stato per la testardaggine della madre dell'autore che cominciò
a far leggere il manoscritto del romanzo ad editori e a professori universitari, probabilmente
tutto sarebbe caduto nel dimenticatoio.
A scoprire la grandezza di Una banda
di idioti fu il grande scrittore Walker Percy (L’uomo che andava al cinema), che contattato telefonicamente dalla
signora Thelma Kennedy Toole nel 1976, accettò di leggerlo, non senza
perplessità.
Si rese conto di avere tra le mani un grande romanzo, che ribaltava i valori
della letteratura americana degli anni '50 attraverso l'ironia e il gusto del
grottesco. Una volta dato alle stampe, il successo di questo libro non conobbe
fine, tanto che nel 1981 vinse il Premio Pulitzer alla memoria.
Poco prima di morire la madre, frugando tra le carte del figlio, trova il
manoscritto che l’autore non considerò mai abbastanza
valido da chiederne la pubblicazione, La
bibbia al Neon. E’ convinta di avere tra le mani un nuovo capolavoro. Ormai vicina
alla fine, affida il destino del libro ad un amico, ma il testo resterà
bloccato fino al 1989 a
causa di una disputa legale con gli eredi di Thelma. John Kennedy Toole ci ha lasciato in eredità queste pagine straordinarie,
che per la loro potenza e lucidità costituiscono la testimonianza di un
autentico, fottuto genio della letteratura americana.
“ Quando nel
mondo appare un vero genio, lo si riconosce dal fatto che tutti gli idioti
fanno banda contro di lui”.
lunedì 17 novembre 2014
The Dark Valley
Adattando un romanzo scritto da Thomas Willman, il regista Andreas Prochaska
ha cercato di unire nel suo nuovo film The Dark Valley più elementi e
tematiche, riuscendo a confezionare un'opera originale dall'aspetto visivo
affascinante.
Fine del diciannovesimo secolo. In un tranquillo villaggio
adagiato ai piedi delle Alpi fa il suo arrivo uno straniero di nome Greider (Sam Riley).
Per sfuggire al freddo inverno, l'uomo chiede alla gente del luogo un posto
dove pernottare. E dal momento che può offrire solo alcune monete d'oro, lo
indirizzano dalla vedova Gader e dalla figlia Luzi, che è in procinto di
sposarsi. Dopo una lunga nevicata notturna, uno dei figli del capo del
villaggio viene trovato morto. Sorgono dei dubbi sul fatto che si tratti di un
incidente ad essere sospettato è subito Greider. Tuttavia, si comincia a
credere anche che dietro l'incidente possa esserci un vecchio e oscuro segreto.
Trasformando i brulli e desertici canyon della tradizione
con le innevate vette delle alpi al confine tra Austria e Alto Adige, il
regista riesce a costruire bene l'atmosfera claustrofobica ed emotivamente
opprimente che anima la cittadina al centro degli eventi, e l'espediente dello
straniero arrivato da lontano che spezza l'equilibrio viene sviluppato con cura
e attenzione.
Un lungometraggio dall'atmosfera tesa e una suggestiva
fotografia che enfatizza la bellezza dei luoghi.
mercoledì 12 novembre 2014
TownesVanZandt
L'impronta
lasciata da TownesVanZandt sul terreno del songwriting,
texano in particolare e nord americano in generale, è davvero importante. VanZandt incarna un archetipo di
folksinger dove radici country e blues s'innestano
nella figura del 'loner'.
Legato a Lightnin'Hopkins,
innamorato del talkin' blues, narra le sue storie
fatte di immagini quotidiane, con una strumentazione
essenziale, arrangiamenti lievi, a volte asciutti, scarni,ma i risvolti emotivi e lirici della sua
musica e della sua poetica, pure attraverso elementi così rigorosi, colpiscono
profondamente.
Townes Van Zandt nasce a Fort Worth, Texas,
nel 1944.Il padre, uomo d'affari nel
settore degli oli lubrificanti, gira l'America per lavoro e la famiglia lo segue:
Colorado, Montana, Minnesota, Illinois prima di
tornare in Texas. VanZandt
si divide fra Houston e Austin.
Le
prime apparizioni in pubblico risalgono alla metà degli anni '60, i clubs si chiamano SandMountain, JesterLounge e Old Quarter dove spesso
suona insieme al suo amico GuyClark.
La scrittura folk, influenzata da Hank Williams, LeftyFrizzell (la più bella voce
della storia della musica country) e dal bluesman
texano Lightnin'Hopkins
(del quale conserverà parecchi classici in repertorio) rispecchia il suo
carattere schivo e riservato ma lascia spazio anche a visioni solari e positive. Dal 1968 -anno di pubblicazione di For The Sake Of The
Song-al
1973registra sei dischi, tutti per la PoppyRecords. Sarà l'unico
periodo in cui inciderà regolarmente album di studio, certamente ilpiù importante dal
punto di vista musicale insieme al biennio 1977/1978. Il suo talento si è
orientato definitivamente verso una poetica malinconica e disillusa
tratteggiata delicatamente su un tessuto sonoro che tinge di blues il country texano, talvolta arricchito da atmosfere 'border' (esemplificate ad esempio in Poncho & Lefty) e da sobri arrangiamenti che attribuiscono alla
sua musica un lirismo ed un pathos indiscutibili. Illuminanti in questosensoHigh, Low And Between
(1972) e The Late Great Townes Van Zandt (1973).
TownesVanZandt è ormai considerato in Texas come il punto di
riferimento di quella correntedi cantautori che comprende fra gli
altri i vecchi amici GuyClark
e JerryJeffWalker, WillisAlanRamsey e RayWillieHubbard. Abita in
mezzo ai boschi in una casa di legno da lui stesso ristrutturata
ma la sua esistenza è segnata da continue crisi depressive che lo
portano a tentativi di suicidio, dall'alcolismo e dall'uso di droghe. Nel 1976 EmmylouHarris include Poncho
& Lefty nell'album LuxuryLiner (la stessa canzone nel 1983 sarà n. 1 delle
classifiche country nell'interpretazione di Willie
Nelson e MerleHaggard) ed
ilnome di VanZandt inizia a girare con una certa insistenza anche
fuori dai confini degli States senza tuttavia mai
conoscere il successo commerciale.
Tre
anni di inattività prima di tornare al lavoro per
merito di John M. Lomax
III, suo manager dal giugno del 1976, che gli restituisce fiducia e stimoli. TownesVanZandt
si sposta a Nashville, firma per la Tomato Music
Company, etichetta indipendente di NewYork,e nel luglio del
1977 realizza Live At The Old Quarter, Houston,
Texas doppio album completamente acustico registrato nell'estate del 1973.
Il disco èla
summa delle sue esperienze artistiche che lo consacrerà definitivamente
come uno dei più grandi e rispettati folksinger della
sua generazione. Sogni, visioni, dolci ballate, talking
blues si alternano legati da un sottile sense ofhumor
in un coinvolgente dialogo con il pubblico.
L'anno successivo VanZandt rientra in sala per registrare il suo più bel disco
di studio Flyin' Shoes.
L'album, inciso a Nashville, è splendidamente prodotto da ChipsMoman. L'ineccepibile lavoro
degli strumentisti, scelti personalmente da VanZandt, gli arrangiamenti delicati e fluidi, la voce
evocativa e ispirata regalano un suono carico di dolcezza e sensibilità che si
distende in canzoni indimenticabili.
Durante gli anni '90 la sua discografia si
arricchirà soprattutto di album live (non tutti imperdibili) segno inequivocabile del sopravvento dei demoni
che lo hanno continuamente perseguitato, sulla sua vita interiore. Del resto
gli spettacoli dal vivo saranno in questi tempi la sua principale fonte di
sostentamento economico.
VanZandt
muore tragicamente d'infarto il primo giorno del 1997 nella sua casa di Mt. Juliet nel Tennessee (per uno strano caso lo stesso giorno,
nel 1953, era scomparso uno dei suoi idoli, Hank
Williams).
Un suo degno discepolo può cessere considerato Steve Earle che a proposito di Townessi è espresso in questitermini:"Townes Van
Zandt is the best songwriter in the whole world and I'll stand on Bob Dylan's
coffee table in my cowboy boots and say that".