L’uomo che andava al cinema – Walker
Percy
“Il
fatto è che sono proprio felice in un cinema, anche quando proiettano un brutto
film. Altre persone, così ho letto, fanno tesoro dei momenti memorabili della
loro vita. Quello che ricordo io è quando John Wayne uccise tre uomini con una
carabina mentre cadeva nella polvere in Ombre rosse e la volta in cui il gattino trovò Orson
Welles sulla soglia del portone nel Terzo uomo.”
Binx Bolling diffida della realtà grigia
e indifferente.
Diffida del prossimo, della normalità a
cui è chiamato.
Preferisce il cinema, luogo in cui
si può vivere qualcos’altro, anche se non necessariamente migliore, al punto
che anche un brutto film, visto in una sala buia, dà felicità.
Preferisce le belle donne, che strappano ai
suoi occhi lacrime di gratitudine.
È la sua via verso la Meraviglia e il
Mistero.
Kate Cutrer è vittima di una sinistra
magia: trasforma quello che tocca in orrore.
Ma quando tutto è perso, quando gli altri
si disperano per lei, è allora, nel momento più nero, che Kate appare come la
divina, la donna più affascinante di New Orleans.
Binx e Kate si riconoscono al volo, si
fiutano a lungo, tentano di evitarsi, si ritrovano.
Un romanzo sulle trappole della società moderna,
ma Percy ci rassicura: possiamo sconfiggere la solitudine se ci interessiamo
alla ricerca, cioè allo stupore della vita.
Un grande e dimenticato capolavoro americano.
“Ci
fermiamo in una baia e prendiamo un aperitivo sotto le stelle. Non è male
decidere di percorrere la strada secondaria, non la grande Ricerca della
felicità ma la piccola e triste felicità degli aperitivi e dei baci, una buona
macchinina e una coscia calda e tenera.”
Walker Percy è nato a Birminghan in
Alabama nel 1916 in una famiglia altolocata ma parecchio infelice: il padre si
suicida prima della sua nascita, la madre muore due anni dopo in un incidente
stradale. Lo zio che gli fa da tutore si rivolge a lui citando massime di Marco
Aurelio.
Viste le premesse, non stupisce che
Walker riveli un temperamento piuttosto introverso e sensibile, nonché una
certa propensione alla sfortuna.
Si laurea in medicina, ma negli anni di
tirocinio contrae una brutta forma di tubercolosi, che lo costringerà a
un’interminabile convalescenza.
Durante i lunghi mesi a letto legge
Kierkegaard e Dostoevskij, si converte al cattolicesimo e decide di gettare il
camice alle ortiche e diventare scrittore.
Studia, scrive e conduce vita ritirata;
tra i suoi grandi meriti, l’aver portato alla pubblicazione “Una banda di idioti” di John Kennedy Toole.
Percy muore a New orleans
nel 1990.
“Oggi è il mio trentesimo
compleanno e sono seduto sulla giostra nel cortile della scuola, aspetto Kate e
non penso a niente. Ora, all’inizio del trentunesimo anno del mio tetro
pellegrinaggio sulla terra, sapendo meno di quanto ne abbia mai saputo, avendo
imparato solo a riconoscere la merda quando la vedo, vivendo in realtà nel
secolo stesso della merda, il grande cesso dell’umanesimo scientifico dove i
bisogni sono soddisfatti, dove ognuno diventa uno qualsiasi, una persona
calorosa e creativa, e prospera come uno scarafaggio stercorario, e dove gli
uomini sono morti, morti, morti; e dove il disagio occupa perennemente il cielo
come una pioggia di pulviscolo radioattivo e dove la gente teme in realtà non
che si faccia esplodere la bomba ma che non lo si faccia - in questo giorno in
cui compio trent’anni, non so nulla e non mi resta altro da fare che cadere in
preda al desiderio.”