Il buio fuori – Cormac McCarthy
In questo romanzo, le dimensioni
del selvaggio assume forme e sembianze speciali, come se fossero personaggi
attivi e concreti, piuttosto che parti del paesaggio.
Alberi, fango, ciottoli, il
fiume, la pioggia incidono nella storia con un peso specifico rilevante.
E’ una natura enigmatica, cupa,
ombrosa, tagliente con cui Il buio fuori anticipa lo scenario di La
strada.
Rinthy ha un figlio dal
fratello che glielo porta via e l’abbandona in mezzo ad un bosco e poi fugge.
Lei lo insegue per ritrovare il bambino e attraverso le strade che percorrono
emergono paesaggi bucolici, aridi, crudeli e una pattuglia di sbandati che
appaiono e scompaiono come cavalieri dell’apocalisse.
Il romanzo vive di suggestioni,
di atmosfere e di ombre, passaggi lineari e pugni nello stomaco. Qualcosa che,
soprattutto per merito di un linguaggio scarnificato fino all’osso, si avvicina
in modo pericoloso alla realtà e che puzza di vita e di morte.
Il buio fuori, che
risale ai suoi esordi (era il 1968) è ancora un acerbo ibrido rispetto ai suoi
fortunati successori ma le descrizioni della wilderness americana sono sempre
eloquenti, i dialoghi brucianti, la tensione altissima e pronta ad esplodere da
un momento all'altro. Quando, per inciso, appaiono quei tre pazzi sanguinari che, con inesorabile
lentezza dispongono di vita e di morte su qualsiasi cosa respiri che incontrano
sul loro sentiero.
Inquietanti, e magici, come Il
buio fuori.
" si incamminò verso il paese, e quando arrivò sulla sommità di un
rilievo della strada due avvoltoi si alzarono faticosamente in volo da
un albero secco in mezzo a un campo, al quale erano appesi i corpi di
tre uomini. Uno era vestito con un abito bianco sporco. Tutto era
immobile.
Gli avvoltoi girarono fino a scomparire dietro il bosco, e non
c’era suono o movimento in nessun luogo. C’era solo il progressivo
raccogliersi della luce alla quale quei morti senza occhi erano estranei
e irreali come figure uscite da un sogno".
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