Breve e straordinario romanzo in
cui Burroughs delinea attorno alla leggendaria figura del capitano Mission, un
esauriente profilo della parabola patologica dell'umanità.
Il costituirsi di quest'ultima come tale, in
virtù dell'infezione virale del linguaggio (“Il linguaggio è un virus”), la
quale pone in essere il distacco dalle altre specie animali e l'inizio di un
catastrofico percorso di sopraffazione, sino alla distruzione finale del mondo
umano, propiziata dal diffondersi impazzito delle epidemie letali conseguenti
alla devastante incontrollabilità dei processi di replicazione virale.
Oggetto dello sguardo disaminatore di Burroughs risulta essere la figura di Cristo, il cui disegno etico (“Ama il tuo nemico”) pur costituendo un inesorabile assurdo biologico, si rivela in realtà il più perfetto e micidiale programma di replicazione virale concepibile (equivalendo alla trasformazione a tappeto dei propri nemici in amici).
Oggetto dello sguardo disaminatore di Burroughs risulta essere la figura di Cristo, il cui disegno etico (“Ama il tuo nemico”) pur costituendo un inesorabile assurdo biologico, si rivela in realtà il più perfetto e micidiale programma di replicazione virale concepibile (equivalendo alla trasformazione a tappeto dei propri nemici in amici).
Con queste cruciali considerazioni sull'etica
cristiana, Burroughs integra magistralmente la sua pregressa visione del
messaggio biblico quale quintessenzialmente virale nel suo definire l'uomo
replica di Dio (“a sua immagine e somiglianza”), palesando quest'ultimo come
implacabile parassita ontologico globale.
Terrificante diagnosi anarchica
ed anti-specista della malattia dell'essere umano e dell'essere umano come
malattia, “La febbre del ragno rosso” è un libro di spietata profondità, in cui
l'unica reale speranza che viene configurata è una fine dell'umanità che lasci
spazio alla superiore bellezza e integrità della vita animale.