sabato 2 febbraio 2019

“Searching for the Wrong-Eyed Jesus”

“Searching for the Wrong-Eyed Jesus” é un viaggio nel profondo sud degli Stati Uniti, la premessa necessaria e autoevidente che condiziona tutta l’apparenza e la superficie di quel capolavoro che è il serial “True detective”.
 Chiunque in Lousiana è menomato, un muso scarnificato da cicatrici è il minimo che capita di vedere. Queste genti seppelliscono, dopo averne mangiate abbondanti porzioni, gli opossum con gli occhi verso il basso, perché risorgendo scavino la terra e non vengano a dilaniarti mentre sei nel sonno.


Cantano motivetti di un blues bianco con il banjo, dove si narra di una donna massacrata di botte e sanguinante. 
“Ogni conversazione, anche la più quotidiana, ha in Lousiana uno sfondo teologico” dice un vecchio sapienzale, che racconta storie su storie, ipnotiche, e gli manca un occhio. 
I pentecostali e il country stranissimo di questa regione abbandonata o troppo frequentata da Dio, l’apparizione del duo degli Handsome Family insieme a una missionaria avventista priva di mandibola, i riti con isteria collettiva da rinascita in Gesù.

L’intervista collettiva in un carcere lisergopasoliniano, il sabato sera in uno di quei locali dove si rannicchiano teeneger cocainomani che praticano il twerking e reietti da biliardo e rissa con morto, motociclisti metanfetaminici che sparano con la calibro .38 e montanari tenebrosi che lavorano in miniere di carbone, paludi e bayou, in un on the road che imprime la sua intensità attraverso un Virgilio folk che fa diventare questa pellicola un piccolo capolavoro.

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