“Era la stagione delle fragole. Sotto la pensilina della stazione uomini e ragazzi caricavano le cassette di fragole, rosse e fragranti, sui due vagoni che attendevano. C’era in cielo una luna di giugno, benché da Ovest minacciasse temporale, e non c’erano lampioni accesi. Nella penombra le figure degli uomini in piedi che si passavano le cassette per caricarle sui vagoni, si discernevano appena. Sulla cancellata che proteggeva il prato della stazione, c’erano altre persone sedute. C’erano delle pipe accese. Si udivano scherzi e battute da paese. In lontananza un treno fischiò e gli uomini che caricavano le cassette si misero a lavorare con raddoppiata energia”.
Una cittadina di passaggio, a margine. Un incrocio di
strade velocemente attraversato dai berry
pickers, i raccoglitori stagionali di piccoli frutti come lamponi e ribes o
cranberry, utilizzati per produrre la tradizionale gelatina che accompagna il
tacchino nel giorno del Ringraziamento. Intorno i campi di granoturco sono
attraversati dal vento e insieme al frinire delle cicale è l’unico suono che
accompagna la vita degli abitanti di Winesburg, Ohio.
Questo è il luogo immaginario in cui lo scrittore Sherwood Anderson ambienta le storie dell’omonima raccolta di
racconti, pubblicata nel 1919.
Winesburg,
Ohio riesce allo stesso tempo a coniugare la tradizione
letteraria americana (primo fra tutti Mark Twain), raccontare della provincia nel momento in cui
l’industrializzazione ne sta cambiando i connotati per sempre e proporre una
nuova forma narrativa - definita dall’autore stesso «elastica» - che coniughi
l’attitudine tutta europea al romanzo con la cultura strenuamente simbolica degli Stati Uniti d’America.
Tutti i racconti convivono nell’unità di luogo
costituita dall’immaginaria cittadina - di cui Sherwood Anderson disegnò anche
la mappa – e sono connessi e attraversati dagli stessi personaggi, temi e da un
registro e un intento comune. Formano così uno straordinario affresco di voci
che ricordano le manifestazioni individuali dell’Antologia di Spoon River ma che possiedono l’energia dolorosa e la
rappresentazione disturbata, agitata e irrefrenabile del surrealismo francese.
Sherwood Anderson, nei suoi racconti, parte sempre dalla descrizione
dell’ambiente, immobile, fisso e sonnolento (quando non asfissiante), un
bozzetto in cui con crescente tensione assistiamo a un’esplosione silenziosa e
tutta in interni del personaggio. Esplosione che può cogliere il lettore
persino nelle ultime pagine del racconto e che ci mostra il dolore per
l’incapacità dei «grotteschi» di esprimersi liberamente e agire in un ambiente
soffocante, puritano e immobile. Il dolore e il disagio deflagrati trovano il
modo di raggiungere la superficie e si manifestano sottoforma di stranezze, tic,
momentanei momenti di follia e guizzi di straziante consapevolezza.
A fare da collante e spirito narrativo abbiamo il
giovane George Willard, colto nel fremente momento in cui muove il balzo che lo
porterà fuori da Winesburg per intraprendere la carriera di scrittore.
In Winesburg,
Ohio sono parte integrante del racconto le epifanie surrealiste in notturna
che colgono alcuni personaggi come in una fotografia o in un’opera di pittura.
La notte li avvolge, ne accoglie i desideri più scabrosi, le visioni più
stranianti – come il riconoscere Dio nel corpo nudo di una donna intravista
dalla finestra – perturbanti e piene. Nella notte ci si muove, ci si incontra e
i confronti si fanno consapevoli e più chiari di qualunque mezzogiorno.
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