domenica 20 gennaio 2019

Winesburg, Ohio - Sherwood Anderson (1919)


  


“Era la stagione delle fragole. Sotto la pensilina della stazione uomini e ragazzi caricavano le cassette di fragole, rosse e fragranti, sui due vagoni che attendevano. C’era in cielo una luna di giugno, benché da Ovest minacciasse temporale, e non c’erano lampioni accesi. Nella penombra le figure degli uomini in piedi che si passavano le cassette per caricarle sui vagoni, si discernevano appena. Sulla cancellata che proteggeva il prato della stazione, c’erano altre persone sedute. C’erano delle pipe accese. Si udivano scherzi e battute da paese. In lontananza un treno fischiò e gli uomini che caricavano le cassette si misero a lavorare con raddoppiata energia”.


Una cittadina di passaggio, a margine. Un incrocio di strade velocemente attraversato dai berry pickers, i raccoglitori stagionali di piccoli frutti come lamponi e ribes o cranberry, utilizzati per produrre la tradizionale gelatina che accompagna il tacchino nel giorno del Ringraziamento. Intorno i campi di granoturco sono attraversati dal vento e insieme al frinire delle cicale è l’unico suono che accompagna la vita degli abitanti di Winesburg, Ohio. Questo è il luogo immaginario in cui lo scrittore Sherwood Anderson ambienta le storie dell’omonima raccolta di racconti, pubblicata nel 1919.
Winesburg, Ohio riesce allo stesso tempo a coniugare la tradizione letteraria americana (primo fra tutti Mark Twain), raccontare della provincia nel momento in cui l’industrializzazione ne sta cambiando i connotati per sempre e proporre una nuova forma narrativa - definita dall’autore stesso «elastica» - che coniughi l’attitudine tutta europea al romanzo con la cultura strenuamente simbolica  degli Stati Uniti d’America.
Tutti i racconti convivono nell’unità di luogo costituita dall’immaginaria cittadina - di cui Sherwood Anderson disegnò anche la mappa – e sono connessi e attraversati dagli stessi personaggi, temi e da un registro e un intento comune. Formano così uno straordinario affresco di voci che ricordano le manifestazioni individuali dell’Antologia di Spoon River ma che possiedono l’energia dolorosa e la rappresentazione disturbata, agitata e irrefrenabile del surrealismo francese. Sherwood Anderson, nei suoi racconti, parte sempre dalla descrizione dell’ambiente, immobile, fisso e sonnolento (quando non asfissiante), un bozzetto in cui con crescente tensione assistiamo a un’esplosione silenziosa e tutta in interni del personaggio. Esplosione che può cogliere il lettore persino nelle ultime pagine del racconto e che ci mostra il dolore per l’incapacità dei «grotteschi» di esprimersi liberamente e agire in un ambiente soffocante, puritano e immobile. Il dolore e il disagio deflagrati trovano il modo di raggiungere la superficie e si manifestano sottoforma di stranezze, tic, momentanei momenti di follia e guizzi di straziante consapevolezza.

A fare da collante e spirito narrativo abbiamo il giovane George Willard, colto nel fremente momento in cui muove il balzo che lo porterà fuori da Winesburg per intraprendere la carriera di scrittore.
In Winesburg, Ohio sono parte integrante del racconto le epifanie surrealiste in notturna che colgono alcuni personaggi come in una fotografia o in un’opera di pittura. La notte li avvolge, ne accoglie i desideri più scabrosi, le visioni più stranianti – come il riconoscere Dio nel corpo nudo di una donna intravista dalla finestra – perturbanti e piene. Nella notte ci si muove, ci si incontra e i confronti si fanno consapevoli e più chiari di qualunque mezzogiorno.


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