sabato 28 luglio 2018
I selvaggi (1966)
Film del 1966 diretto da Roger Corman con protagonisti Peter Fonda e Nancy Sinatra.
Una pellicola molto particolare, antesignana di un genere biker che di lì a un anno avrebbe partorito nientemeno che Easy Rider (girato nel '67 ma uscito nel '69), proprio con Peter Fonda.
La trama può apparire un po' ingenua e inconsistente, ma all'epoca fu un film che fece grosso scalpore. Blues (Peter Fonda) è un membro influente del chapter di Hell's Angels della California meridionale, i cuoi membri sono dediti a ogni sorta di violenza, abuso di alcool e droghe e, in generale a qualsiasi comportamento contrario alle regole della società borghese degli anni '60. Durante un inseguimento con la polizia uno dei compagni di Blues, Looser, viene mortalmente ferito: gli Hell's Angels mettono a ferro e fuoco una cittadina per vendicarne la morte e durante successivi scontri con le forze dell'ordine il solo Blues rimane a seppellire l'amico morto.
Nel 1966 la guerra in Vietnam si intensificava di giorno in giorno e i benpensanti americani osservavvano terrorizzati le orde di giovani "sbandati" che rifiutavano di partire per il servizio militare o tornavano sconvolti dlla guerra. Il movimento hippie stava iniziando, la rivoluzione culturale era alla porte e gli Hell's Angels ne fecero parte. Dissolutezza gratuita, violenza fine a se stessa, mancanza di ideali: gli Angels vengono dipinti, ancora una volta, come un elemento estremamente negativo all'interno di una società che ancora rifiutava manifestazioni di dissenso fortemente spettacolarizzate come questa e diventano una vera e propria ossessione collettiva.
Il film, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, raccolse un'accoglienza piuttosto tiepida e rimane un cult a metà: solo con "Easy Rider" il movimento biker sarebbe stato sdoganato della valenza barbarica cho lo accompagnava, ma "Angeli Selvaggi" porta con se i germi di un pensiero che di li a poco sarebbe stato espresso con maggior potenza, cioè il disagio di una generazione che non si rispecchiava più nei valori dei propri genitori e che, anche attraverso le moto, cercava un'identità. Grande interpretazione di Peter Fonda, magnifica la presenza di Nancy Sinatra, interessante l'utilizzo di veri Hell's Angels come comparse, imperdibili i numerosi chopper utilizzati nel film.
venerdì 6 luglio 2018
L'opera galleggiante - John Barth
C’è qualcosa di
magico e trascinante nella scrittura di John Barth. Continui cambi di scena e
di tonalità repentine divagazioni di ruolo tra narratore, lettore e personaggi
dentro un flusso di parole enorme, sconsiderato, apparentemente caotico: L’opera
galleggiante, forse il capolavoro di John Barth, esprime al meglio il suo enciclopedico
e caleidoscopico narrare. L’opera galleggiante è un gorgo di linguaggi
ed espressioni, tenute insieme dal gusto e dal ritmo per una narrativa senza
confini e da una sottile vena d’ironia. Il principale protagonista, Todd
Andrews racconta cosa è successo, dopo aver vezzeggiato e poi tralasciato
l’idea del suicidio come panacea di tutti i suoi tormenti. È prolisso quel
tanto che basta da comprendere anche un messaggio esplicito che John Barth
riserva ai lettori: “Se mai doveste avere da scrivere sul mondo, badate di non
lasciarvi adescare dai molti simboli allettanti che semina proprio in mezzo
alla vostra strada, altrimenti vi indurrà a dire cose che non vorreste davvero
dire, offendendo le persone che più desiderereste divertire.
L’opera
galleggiante è un
romanzo che scopre le connessioni nascoste tra letteratura, storia e territorio
perché “la letteratura che parla di storia non diventa quasi mai parte della
storia della letteratura. La maggior parte della letteratura che parli di un
luogo o un periodo di tempo non riesce mai a elevarsi al di là di quel luogo o
di quel periodo. Quando i veri artisti trovano ispirazione in una particolare
regione geografica o epoca storica, è probabile che sia perché in quella
regione o in quell'epoca trovano un simbolo di ciò che gli sta a cuore
veramente, ossia le passioni del cuore umano e le possibilità del linguaggio
umano. Di qualunque cosa parli, la grande letteratura parla quasi sempre anche
di se stessa”. Il punto è proprio questo: L’opera galleggiante sembra
vivere di vita propria e il triangolo tra lui, lei e l’altro è soltanto la
metafora avvincente per ricordare il legame tra lo scrittore, il libro e il
lettore. Sarà solo un’ipotesi come un’altra, ma arrivati in fondo, è
inevitabile pensarci e immaginarsi John Barth che ci sghignazza su.
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