C’è qualcosa di
magico e trascinante nella scrittura di John Barth. Continui cambi di scena e
di tonalità repentine divagazioni di ruolo tra narratore, lettore e personaggi
dentro un flusso di parole enorme, sconsiderato, apparentemente caotico: L’opera
galleggiante, forse il capolavoro di John Barth, esprime al meglio il suo enciclopedico
e caleidoscopico narrare. L’opera galleggiante è un gorgo di linguaggi
ed espressioni, tenute insieme dal gusto e dal ritmo per una narrativa senza
confini e da una sottile vena d’ironia. Il principale protagonista, Todd
Andrews racconta cosa è successo, dopo aver vezzeggiato e poi tralasciato
l’idea del suicidio come panacea di tutti i suoi tormenti. È prolisso quel
tanto che basta da comprendere anche un messaggio esplicito che John Barth
riserva ai lettori: “Se mai doveste avere da scrivere sul mondo, badate di non
lasciarvi adescare dai molti simboli allettanti che semina proprio in mezzo
alla vostra strada, altrimenti vi indurrà a dire cose che non vorreste davvero
dire, offendendo le persone che più desiderereste divertire.
L’opera
galleggiante è un
romanzo che scopre le connessioni nascoste tra letteratura, storia e territorio
perché “la letteratura che parla di storia non diventa quasi mai parte della
storia della letteratura. La maggior parte della letteratura che parli di un
luogo o un periodo di tempo non riesce mai a elevarsi al di là di quel luogo o
di quel periodo. Quando i veri artisti trovano ispirazione in una particolare
regione geografica o epoca storica, è probabile che sia perché in quella
regione o in quell'epoca trovano un simbolo di ciò che gli sta a cuore
veramente, ossia le passioni del cuore umano e le possibilità del linguaggio
umano. Di qualunque cosa parli, la grande letteratura parla quasi sempre anche
di se stessa”. Il punto è proprio questo: L’opera galleggiante sembra
vivere di vita propria e il triangolo tra lui, lei e l’altro è soltanto la
metafora avvincente per ricordare il legame tra lo scrittore, il libro e il
lettore. Sarà solo un’ipotesi come un’altra, ma arrivati in fondo, è
inevitabile pensarci e immaginarsi John Barth che ci sghignazza su.
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