C’è qualcosa di
magico e trascinante nella scrittura di John Barth. Continui cambi di scena e
di tonalità repentine divagazioni di ruolo tra narratore, lettore e personaggi
dentro un flusso di parole enorme, sconsiderato, apparentemente caotico: L’opera
galleggiante, forse il capolavoro di John Barth, esprime al meglio il suo enciclopedico
e caleidoscopico narrare. L’opera galleggiante è un gorgo di linguaggi
ed espressioni, tenute insieme dal gusto e dal ritmo per una narrativa senza
confini e da una sottile vena d’ironia. Il principale protagonista, Todd
Andrews racconta cosa è successo, dopo aver vezzeggiato e poi tralasciato
l’idea del suicidio come panacea di tutti i suoi tormenti. È prolisso quel
tanto che basta da comprendere anche un messaggio esplicito che John Barth
riserva ai lettori: “Se mai doveste avere da scrivere sul mondo, badate di non
lasciarvi adescare dai molti simboli allettanti che semina proprio in mezzo
alla vostra strada, altrimenti vi indurrà a dire cose che non vorreste davvero
dire, offendendo le persone che più desiderereste divertire.

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