Tratto dal romanzo omonimo di Hillary Jordan
del 2008 e adattato per il grande schermo dalla stessa regista Dee Rees e dal
produttore e sceneggiatore televisivo Virgil Williams, Mudbound è la storia di due famiglie unite da
un pezzo di terra e da destini comuni, ma divise dal razzismo tipico del
Mississipi rurale degli anni '40. L'ottimo scrittura fa largo uso di
bellissimi e intensi voice-over con cui ci presenta un po' alla volta i tanti
protagonisti di questo melodramma corale dal crescendo drammatico
particolarmente potente ed efficace: se fin dall'inizio colpisce la cura e la
realizzazione di ogni singola scena è solo con il dipanarsi della storia e
degli intrecci che emerge l'importanza e la forza della pellicola.
Tutti in Mudbound sono
vittime di un crudele destino e di un aspro contesto, geografico e sociale, che
non perdona. E tutti gli attori sono perfetti nel mostrarci le
ferite di questi personaggi, ma anche la loro fierezza: sarà probabilmente la
sorprendente performance di Mary J. Blige a
farsi notare di più, ma tutti i colleghi - a partire da Carey Mulligan, Jason Clarke e Garrett Hedlund
per finire con Jonathan Banks, Jason Mitchell e Rob Morgan -
non sono assolutamente da meno.
Perché sebbene la tragedia si nasconda dietro ad ogni
angolo, sebbene non si possa che condannare e guardare con orrore alcune
sequenze davvero forti, è chiaro fin
dall'inizio che qui il vero nemico, il vero cattivo, è solo uno: l'America
stessa.
Non c'è retorica in Mudbound,
non c'è neanche davvero una critica vera e propria, c'è solo la volontà di
rappresentare una situazione purtroppo vera che può vedere coinvolte persone
comuni, persone che si trovano loro malgrado ad affontare una vita diversa da
quello che si aspettavano. Ed accettare
che i sogni e le speranze non sempre si avverano, a volte finiscono coperte dal
fango.
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