mercoledì 8 gennaio 2025

Dischi nella tomba: Theatre of hate - Westworld (1982)

 Il giovane Kirk Brandon era un ragazzo molto turbolento e decisamente appassionato alle vicende politiche di cui era testimone. Fortemente ideologizzato a sinistra, aveva fondato il gruppo punk dei The Pack, per poi suonare il basso, più o meno contemporaneamente, con gli appena formati Culture Club di Boy George. Il giovane Brandon presto capì che la sua sfera ideale era quella punk, innanzitutto per l’immediatezza che permetteva all’espressione artistica, ma anche per la sottomissione dei requisiti tecnici al messaggio politico da veicolare.
Ebbe in seguito la fortuna di incontrare una delle sezioni ritmiche più formidabili dell’intera scena post-punk: il bassista Stan Stammers, amico di vecchia data, ed il forsennato batterista Luke Rendle, di tutti quello più rodato, avendo suonato i tamburi né più né meno che dei Crisis. Reclutato poi un sassofonista classico come il canadese John Lennard, il quartetto, chiamatosi Theatre of Hate, si mise subito a seguire, portandole alle estreme conseguenze, le orme degli UK Decay, ovvero quelle più infuocate nella performance e più impegnate politicamente.


Ciò che rese i Theatre of Hate un vero e proprio mito per la Londra underground furono le loro performance live, infuocate come poche, fatte di inni contro la decadente società borghese e per la coscienza di classe del proletariato.
Il botto lo fece il disco che ne uscì, per la Burning Rome, nella tarda primavera del 1982: Westworld, precedentemente definito la pietra angolare del positive punk (ovvero la convinzione che il mondo fosse migliorabile tramite la protesta e la lotta sociale). Il gruppo era quindi destinato a rimanere sostanzialmente estraneo al fenomeno dark, sennonché i quattro si ritrovavano a dover incidere un intero album in studio, lontano dal loro ambiente naturale, il palco. Necessariamente la situazione impediva di puntare sulle loro doti di immediatezza ed energia performativa e quindi il produttore Steve Jones decise che fosse il caso di enfatizzare il loro lato più torbido. Ecco quindi il segreto di Westworld. Il risultato fu un gran disco tanto figlio del punk che della dark wave.

Sorprendendo un po’ tutti, il disco si piazzò al 20° posto delle classifiche ufficiali inglesi. A questo punto il successo fece il resto: concerti sempre più esagitati, Kirk Brandon sempre più nervoso. Il primo a lasciarlo fu il chitarrista Billy Duffy che praticamente ricostruì il gruppo chiamandolo Southern Death Cult. Poi, sempre più incapace di gestire i dissapori all’interno del gruppo, soprattutto dopo il fallimento delle successive prove discografiche, Brandon mandò tutti a casa, salvo poi risorgere accompagnato dal solo bassista Stammers come Spear of Destiny.