Il Sesto album per Il terzetto italo-francese è un lavoro affascinante, maturo e spiazzante. Noise-rock monolitico e suoni mediterranei si incontrano in un'apocalisse al confine tra due mondi: il grigiore metropolitano di Bästard e Ulan Bator e il misticismo antico della musica nordafricana.
Il disco è il manifesto di una contro-colonizzazione sonora che si consuma in una infuocata danza apolide sospesa tra asperità (noise, post-rock) e melodie e atmosfere di matrice magrebina realizzate da un gruppo di musicisti tunisini capitanati dal maestro Mohamed Abid virtuoso di oud (una sorta di liuto), all’interno dell’Orchestra Nazionale de La Rachidia, che trova la giusta chiave di lettura (tramite misurati interventi vocali, arpeggi minimali, fiati e percussioni che allargano lo spettro sonoro) agli spasmi rumoristi di Cambuzat e soci.
Niente a che vedere col turismo musicale più becero: l'iniziale "Otranto" chiarisce da subito che "Trapani-Halq al Waady" affianca oud e sciabolate elettriche, forme tradizionali e spleen contemporaneo in un sound lucido, coeso e lontano dal terzomondismo.
Ieratica, Chiara Locardi declama versi torvi e disincantati sugli 11/8 di "Ras et Ahmar"; chitarre laceranti e vapori esotici avvolgono un racconto a cavallo fra tempi e luoghi.
La frontiera, il fascino atavico del remoto: elementi cardine dell'immaginario Enfance Rouge, non sono mai stati evocativi e tangibili quanto negli arabeschi flautistici di "Ana Lastu Amrikyyan", martoriati di colate noise, o nei contorcimenti vocali che chiudono "Hurricane Lily".
Quando è François Cambuzat a prendere il microfono, i toni si fanno ancora più torpidi. "Tombeau pour New York" opprime, soffoca: clangori, incedere marziale e un basso pachidermico la cui tensione letargica pervade l'intero album. Poca, pochissima la luce, una fiamma moribonda quella che riscalda la placidità tunisina di "Vendicatori" o "Petite-mort".
Cinico, graffiante, eppure denso di passione, sensibilità, poesia, "Trapani-Halq al Waady" è più che un disco una città, una porta tra continenti. Unica, in tutti i suoi contrasti e chiaroscuri.
"Piuttosto che la giustizia preferiamo il caos"
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