Nell’Inghilterra vittoriana, Miss Giddens (Deborah Kerr) viene assunta da un ricco signore (Michael Redgrave) per occuparsi della nipotina Flora (Pamela Franklin) nella sua immensa villa con un grande giardino in una zona isolata fuori Londra, dove la piccola vive con la governante. Miss Giddens accetta con entusiasmo, ma le cose iniziano a cambiare appena nella grande casa fa ritorno dal collegio il fratellino di Flora, l’irrequieto Miles (Martin Stephens, uno dei bimbi de Il villaggio dei dannati).
La donna inizia a vedere nei due bambini strani cambiamenti, e pensa che questi siano influenzati dalle presenze della precedente governante Miss Jessel e del suo amante stalliere Peter Quint. Tratto dal cupo e ambiguo “Giro di vite” di Henry James, sceneggiato tra gli altri da Truman Capote, Clayton firma uno dei capolavori del genere gotico di rara bellezza e inquietante persuasione, servendosi della ghost story per narrare il lato oscuro e morboso dell’infanzia, spesso manipolata o plasmata dal comportamento degli adulti. Il regista evita tutti i cliché del genere, scegliendo di non abbondare con porte che sbattono, rumori improvvisi e spettri che compaiono nel buio, ma lascia che siano gli spazi solitari della casa e le inquadrature architettoniche a provocare angoscia e tensione.
L’oscurità, non solo quella dell’enorme villa dove Clayton si sofferma più volte, ma quella dell’anima, è la chiave stessa di lettura del film. Non a caso, il regista si affida allo schermo completamente nero e una nenia angosciante, prima ancora che sullo schermo compaiano il logo della 20th Century Fox e i titoli di testa. We lay my love and I / beneath the weeping willow / but now alone I lie / And weep beside the tree, canta una voce di bambina, poche parole, che introducono il dualismo principale della pellicola, il binomio amore/morte.
Fotografato in modo impeccabile da Freddie Francis, (Il terrore viene dalla pioggia) che avrebbe avuto poi una lunga collaborazione con David Lynch, Clayton racconta magistralmente il disagio dell’adolescenza e degli adulti, una sessualità repressa e opprimente, dove s’intravedono – o pensiamo di intravedere – storie d’abuso e violenza. Grazie alla monumentale interpretazione di Deborah Kerr e dei due attori bambini, Franklin e Stephens, Suspense gioca con l’ambiguità tipica dei racconti dell’orrore, per raccontare un orrore ben più grande e doloroso, quello della perdita della purezza con l’età adulta.
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