Una teoria del filosofo norvegese Finn Skårderud sostiene che l’essere umano nasca con un deficit di 0,5% di alcol nel sangue. Cosa succederebbe dunque se si provasse a colmare tale mancanza, mantenendo poi costante il nuovo livello alcolemico? È questa la domanda a cui tenta di rispondere il regista danese Thomas Vinterberg (Il sospetto, Kursk) con il suo nuovo film Un altro giro.
Sviluppando questa premessa egli arriva così a costruire un film che è tanto un ode all’alcol quanto una riflessione sulla mezza età e sulla necessità di sentirsi liberi. Dotato di grande umorismo, ma anche di una forte componente drammatica,
La storia è quella di Martin (Mads Mikkelsen), annoiato professore di storia consapevole di vivere una vita ogni giorno più grigia e priva di stimoli. In seguito ad un crollo emotivo durante il compleanno di un suo storico amico, egli viene introdotto ad una particolare teoria. Secondo questa, mantenendo un livello costante di alcol nel sangue si può aumentare la creatività e ridurre la pressione dei propri problemi. Questi, insieme ai tre amici, anche loro insegnanti e con esistenze problematiche, decide di intraprendere tale esperimento. I primi risultati si rivelano per loro emozionanti e particolarmente positivi. Ben presto i loro eccessi presenteranno però anche l’altro lato della medaglia, con cui i quattro dovranno inevitabilmente fare i conti.
L’alcol diventa così il pretesto per parlare di personalità apparentemente giunte al capolinea. Grazie a quella che viene ritratta come una vera e propria bevanda magica, i quattro protagonisti riescono invece a riscoprire quel senso di libertà tanto tipico dei giovani che riempiono le prime immagini del film.
L’alcol sembra infatti qui servire ad ognuno dei personaggi per prendere coscienza dei propri limiti. Ma sfuggire a lungo da questi non è possibile, e ben presto arriva dunque il momento di fare i conti con la propria vita. È così che dopo tanto divertimento, con sequenze realmente memorabili, si entra in un terzo atto ben più introspettivo e cupo. Un cambio di registro che permette di esaltare il racconto di quattro amici e del loro desiderio di sentirsi nuovamente parte della vita. Poiché, oltre a trattare del ruolo e del peso dell’alcol nelle passate e presenti generazioni, il cuore narrativo non ruota che intorno ad una storia di esseri umani fragili e feriti dalla mezza età. Questi non aspirano ad altro se non ad una seconda possibilità.
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