Certe
storie possono arrivare solo dall'America, terra di grandi contraddizioni e di
speranze, ove può accadere tutto e il contrario di tutto.
Succede,
allora, che un grande musicista, come Charlie Parr, abbia vissuto ai
margini del music business per anni, producendosi i dischi da solo (o con la
collaborazione di microscopiche etichette) e suonando in piccoli
locali praticamente a prezzo di costo. Poi, quando le cose sembravano
immodificabili e i sogni di gloria evaporati sotto l'amara benedizione
degli dei della realtà, qualcosa succede. Niente di eclatante, per carità, ma
Charlie Parr viene notato, apprezzato e messo sotto contratto dall'etichetta
indipendente Red House, non un colosso, ma grande a sufficienza per consentire
una peculiare distribuzione anche fuori dai confini locali. E si che il
cantante e chitarrista originario di Austin, ma cresciuto a Duluth, nel Minnesota,
si era parecchio dato da fare fin dall'inizio del nuovo millennio, pubblicando
tredici cd (studio e live) in una decina d'anni.
Charlie
Parr è detentore di uno stile roots asciutto e
fedelissimo alle radici più ancestrali della tradizione. Il suo impegno sullo
strumento riconduce sui sentieri del folk blues, dell'hillbilly più scuro,
insomma di quella musica misteriosa che è stata preservata dalla famosa
Anthology di Harry Smith, quando personaggi come Dock Boggs, Mississippi John
Hurt, Charlie Patton o Clarence Ashley sono stati prelevati dall'oblio del
tempo. Si tratta anche dei naturali punti di riferimento di Charlie Parr, con
un approccio che richiama il cosiddetto Piedmont style alla chitarra resofonica
e si avventura in territori di confine tra canzone folk, blues, gospel e
country.
Stumpjumper non concede nulla al pubblico e prosegue imperterrito tra i meandri misteriosi del profondo Sud, tra personaggi curiosi e
storie drammatiche, aggiungendo talvolta qualche percussione a rafforzare il
suo efficace pickin’ chitarristico.
Registrato in tre giorni in una
fattoria di Hillsborough, nel North carolina, Stumpjumper attraversa i toni blues accesi di Falcon,l'hillbilly
di On Marrying a Woman With an Uncontrollable Temper, il canto
country gospel da portico di Remember Me If, la desolata Resurrection,
canto spiritual ispirato alla parabola cristiana di Lazzaro, per banjo,
chitarra e fiddle (Ryan Gustafson).
Con Delia e Temperance River Blues Parr
si cala nelle vesti di credibile storyteller e i due
brani rappresentano la spina dorsale di un disco il cui fascino senza tempo ci
ammalia e ci intrattiene con classe indiscussa.
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