Cabbagetown e gli Smoke
Al 198 di Carroll Street l'insegna è ancora quella che il
padre di Leon attaccò nel 1929, quando aprì The Little Store. La porta è
aperta. È ora di pranzo e gli sgabelli in alluminio e cuoio rosso di fronte al
bancone di legno sono quasi tutti occupati. Leon sta alla cassa e prende le
ordinazioni. Sua sorella Betty si occupa della cucina. Il menu è da sempre lo
stesso: hamburger (il migliore della Georgia, dicono i clienti), hot dog, uova
strapazzate con bacon e caffè. Sugli scaffali vecchi barattoli di biscotti e
insegne rese illeggibili dal tempo, vicino ai fornelli un vecchio frigorifero
rosso della Coca-cola. Entra Kenneth, garzone del locale da quando aveva 14
anni (quarant'anni fa), poi arrivano Lewis il postino, Mike, l'uomo che
fornisce le bibite, e Joyce la cantante. Il locale ha un odore di Vecchia
America Anni '50. Siamo ai margini del centro di Atlanta, a Cabbagetown. Fino a
due anni fa questo quartiere, di poco più di duemila abitanti, fatto di
villette di legno immerse nel verde, era un'isola di povertà e violenza nel
cuore di una delle città più ricche del Sud degli Stati Uniti. Oggi sta
diventando un simbolo dell'America piena di cambiamenti, di un'America che,
stanca della cultura dell'automobile, si è messa alla ricerca di vecchi
quartieri e città per camminare, in cui poter riscoprire antichi valori.
Tutte
le storie di Cabbagetown iniziano intorno a un enorme edificio di mattoni
rossi, il Fulton Bag and Cotton Mill. Le sue ciminiere, che da più di un secolo
vegliano sugli abitanti del quartiere, hanno rappresentato, un tempo, speranze
e vita per migliaia di lavoratori. "Oggi rimangono comunque il simbolo di
Cabbagetown", dice un vecchio reverendo nato e cresciuto ai margini di
Atlanta. L'atmosfera, all'interno del Little Store, che si trova proprio di
fronte all'entrata del Fulton Bag and Cotton Mill, cuore pulsante del passaggio
tra vecchia e nuova Cabbagetown, è molto tranquilla. La gente chiacchiera,
commenta le notizie del giorno, e osserva con un pizzico di diffidenza i nuovi
abitanti del quartiere, che entrano a comprare il latte o a mangiare un
hamburger. Seduto in un angolo c'è Todd, 31 anni, proprietario, insieme a due
ragazze, di Eureka, un ristorante dal menù esotico che ha appena aperto a pochi
metri dal Little Store. "È stato un ottimo investimento", dice. Todd
è uno dei nuovi abitanti di Cabbagetown, uno dei tanti che, negli ultimi due
anni, ha deciso di trasferirsi qui, perché "il resto della città non ha
carattere e questo diventerà un quartiere alla moda". Nessuno sa spiegare
con precisione il nome Cabbagetown. Una leggenda dice che tanto tempo fa un
camion che trasportava cavoli si rovesciò di fronte al Mill, e così per mesi
dai camini delle case uscì odore di cavoli bolliti. In realtà è una lunga
storia, che inizia alla fine dell'Ottocento, quando un industriale ebreo decide
di aprire in Georgia quella che diventerà la più grande fabbrica del paese. Per
trovare lavoratori a basso costo va sulle vicine montagne Appalachie, e
trasferisce un'intera comunità di indiani a produrre sacchi di iuta e stracci
di cotone tra i mattoni rossi. Il villaggio cresce, la produzione aumenta e i
vecchi raccontano che negli Anni '50 Cabbagetown era, nella sua povertà,
un'isola di benessere. Poi gli affari del Mill iniziano ad andare male, la
miseria aumenta e con essa la violenza. Gli abitanti della città hanno paura ad
avvicinarsi al quartiere, dove iniziano a prosperare droga e prostituzione.
Quando, nel 1977, il Mill chiude, metà della popolazione di Cabbagetown
precipita al di sotto della soglia di povertà, e la criminalità raggiunge un
livello due volte superiore alla media nazionale. Molte famiglie lasciano le
case e si trasferiscono a lavorare a poche miglia di distanza. Oggi il Fulton
Bag and Cotton Mill è rinato, e così Cabbagetown. Le storiche sale di tessitura
e cucitura sono state trasformate in eleganti loft, i vecchi negozi in
ristoranti per i nuovi abitanti. Il crimine è quasi scomparso, la prostituzione
e i trafficanti di droga hanno cambiato zona. Al loro posto è arrivato un
esercito di artisti, giovani famiglie e imprenditori, alla ricerca di uno
spirito e di una morale antichi, stanchi di viaggiare sulle loro Jeep Cherokee
in anonime città-mall, quelle che Tom Wolf nel suo ultimo libro, A man in the
Full (che, guarda caso, è ambientato proprio nei sobborghi di Atlanta),
descrive così: "L'unico modo in cui ti potevi accorgere di aver
attraversato una comunità e di essere in procinto di entrare in un'altra era
quando i cartelli dei franchising iniziavano a ripetersi, e allora vedevi un
altro 7-Eleven, un altro Wendy e un altro Home Depot". "Quando mi
trasferii qui, due anni fa", racconta Lynn Splinter, una pioniera della
nuova migrazione, "nella casa accanto alla mia abitava una coppia che
allevava galline, e ogni mattina trovavo davanti alla mia porta di casa un
cesto di uova fresche. Qui è sopravvissuto un senso di comunità, dove tutti si
prendono cura di tutti".
La vecchia signora delle uova oggi non abita più
lì, e a Cabbagetown si è trasferita la figlia di Lynn, che viene a piedi a
portare il pranzo alla madre. L'arrivo dei nuovi abitanti, più ricchi e più
esigenti dei "nativi", ha fatto salire i prezzi delle case e il costo
della vita. Molti dei vecchi inquilini sono stati costretti a lasciare il
quartiere, diventato troppo caro, altri non sono riusciti a resistere alle
offerte allettanti, e hanno venduto le loro case. Così le strade, fino a ieri
invase da bambini selvaggi che scorazzavano sui go-kart o da maliziose
ragazzine che giocavano a far le prostitute, oggi sono occupate da coppie che
spingono passeggini e giovani che portano a spasso il cane. I vecchi dicono che
i nuovi inquilini di Cabbagetown hanno buoni propositi "non sono come gli
speculatori edilizi che negli Anni '80 hanno tentato di scacciarci". In
fondo sono yuppies anche loro, ma dopo aver inseguito per anni il sogno del
successo, ora cercano la Vecchia America fatta di giardini, portici in legno e
torte di mele, che quest'anno ha deciso di votare solo per protesta; contro la
costruzione di nuove città artificiali, o per difendere gli spazi verdi e i
quartieri a misura d'uomo. Per sopravvivere a Cabbagetown è necessario
rispettare le leggi dell'antica comunità venuta dalle montagne. Con queste
intenzioni John Dirga è arrivato qui due anni e mezzo fa, a soli 23 anni, per
aprire un centro per bambini. Il Cabbagetown Children Center: organizza corsi
di pittura, musica, danza. I bambini possono creare opere che poi vengono messe
in vendita. "Il mio scopo", spiega John, "è convincerli che si
può restare per la strada senza essere delinquenti. All'inizio mi guardavano
con sospetto, poi hanno capito che ero qui per diventare parte della loro
comunità, e mi hanno accettato. Permettendo ai loro figli di frequentare il
centro".
Alle porte di Cabbagetown vive Benjamin, leader della band
underground Smoke. Insieme a lui, camminando per le strade di questa
microcomunità, si scopre la città degli Anni '80, segnata dalla droga, dalla
violenza, dalla prostituzione. "Stanno uccidendo la bellezza di questo
quartiere, che nasceva dalla sua fragilità e disperazione". Benjamin è
arrivato qui alla metà degli Anni '80, quando, vestito da "drag
queen", cantava per un gruppo chiamato Opal Oval Foxx Quartet. "Sono
venuto a vivere qui con uno dei miei musicisti, in quella casa di fianco al
Cotton Mill". Da allora la comunità di quelli che lui chiama i
"cabbage edges" diventò come una grande famiglia, "in cui
bisognava far finta di non vedere quello che succedeva. E loro facevano finta
di non vedere che tu eri distrutto dall'alcool e dalla droga. Se non ci fosse
stato però il calore di questa gente, gli Smoke, non sarebbero mai nati e io
sarei già morto". La madre di Greg, "l'uomo silenzioso e scorbutico
che ama costruire go-kart per I bambini", lo riconosce e lo saluta.
Benjamin è felice come un bambino in un negozio di giocattoli. Fuori dalla
squallida stanza in cui è costretto a vivere per potersi curare l'Aids, si
aggira per le strade di Cabbagetown alla ricerca di volti conosciuti, di odori
familiari: ma del vecchio mondo disperato e violento, "fragile e
vulnerabile come me", che gli ha ispirato canzoni come Another Reason to
Fast e gli ha dato la forza di salire sul palco insieme a Patty Smith, è
rimasto poco. Greg ha smesso di costruire go-kart perché lo spazio in cui
correvano i bambini è occupato dal parcheggio del ristorante Eureka, e nessuno
dei nuovi abitanti ha mai sentito parlare degli Smoke.
Non resta che andare a
sedersi tra le tombe del cimitero di Oakland (dove sono sepolti Margaret
Mitchell e Jacob Elsas, il fondatore del Mill) da dove si può osservare
Cabbagetown con le sue ciminiere di mattoni rossi e le sue case di legno. E far
finta che il tempo non sia mai trascorso.
è una bella storia,dallo sfondo triste come lo sfondo di tutte le grandi città, bella e triste come il genere umano.
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