Blaze Foley
I gotta guitar all my own
I gotta quarter for the telephone
I ain't headed down this highway all alone
One two three and maybe four
Honey, they're knockin' on my door
you know I'm gonna miss you when I'm gone
(Townes Van Zandt - Blaze's Blues)
I gotta quarter for the telephone
I ain't headed down this highway all alone
One two three and maybe four
Honey, they're knockin' on my door
you know I'm gonna miss you when I'm gone
(Townes Van Zandt - Blaze's Blues)
"Una leggenda più che un songwriter", questo
potrebbe essere l'incipit per descrivere la tragica vicenda umana e artistica
del texano Blaze Foley, figura
di culto nella Austin country degli anni settanta e ottanta. Un autentico
outsider segnato da un destino infame, che lo ha visto soccombere da un colpo
di pistola il primo di febbraio del 1989 all'età di trentanove anni, nel
tentativo di difendere un vecchio compagno di sbronze. Poeta della strada,
fuorilegge della country music, hobo per vocazione, alcolizzato cronico, viveva di piccole
cose, non aveva bisogno di niente, gli bastava starsene tra gli alberi della
sua casa foresta insieme alla compagna Sybil
Rosen.
Nato a Marfa al confine col
Messico, Foley negli anni ’60 cantava gospel in trio con la mamma e la sorella
(la Fuller Family), il padre era un pazzoide ubriaco e la famiglia si frantumò
e lui sparì, ricomparendo ad Atlanta, a suonare le canzoni di John Prine.
Negli anni ’70 iniziò a scrivere,
difficile vederlo in giro, preferiva la compagnia dei demoni, come quelli del
suo compagno Townes Van Zandt - con cui divideva stile musicale, poetica
e malinconia.
Senza una fissa dimora,
disinteressato alle cose materiali e con uno stile di vita del tutto sregolato,
Foley era una "contraddizione
ambulante", per via dei suoi modi estremamente gentili e della sua grande
generosità che si contrapponevano alla figura imponente e alle sembianze rudi.
Registrò un paio di dischi negli anni ottanta, andati
perduti per una serie di sfortune inverosimili, meritevoli di un romanzo. Un
lavoro ai Muscle Shoals nel 1983
sequestrato dalla DEA perché il propietario della baracca era implicato con la
droga, un altro registrato con Gurf
Morlix e i cui master vennero trafugati dalla station wagon dello stesso
Foley.
L’amico Townes Van
Zandt, gli dedicherà dopo la morte “Blaze's Blues”.
Così farà anche Lucinda
Williams (con la canzone “Drunken Angel”) e molti colleghi ne rivaluteranno
la figura attingendo al suo repertorio (Merle
Haggard incidendo “If I Could Only
Fly” e più recentemente John Prine,
riprendendo “Clay Pingeons”).
I'd like to stay but I might have to go to start over again
Might go back down to Texas, might go to somewhere that I've never been
And get up in the mornin' and go out at night and I won't have to go home
Get used to bein' alone
Change the words to this song
Start singin' again
(Blaze Foley - Clay Pigeons)
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