giovedì 30 maggio 2013


William Elliott Whitmore - Field Songs 



William Elliott Whitmore vive lontano dai riflettori.
Lontano dai giri dei folk singers tanto di moda tra gli alternativi, lontano dal caos metropolitano che avvelena i polmoni.
Il suo inno alla campagna ha radici profonde che arrivano fino al delta del Mississippi.
Trentacinque anni, bianco e con la voce da nero, ha alle spalle più di dieci anni di carriera musicale ma lavora fin da quando era piccolo con lo zio nella sua fattoria, allevando cavalli e facendo l’agricoltore: una volta era intento a tagliare la legna quando fu avvertito che la compagnia discografica lo cercava al telefono.
Un profilo perfetto per chi e' sempre a caccia di qualche outsider da trasformare in star, ma pare che al buon William non freghi proprio nulla.
Ha finora prodotto album minimali e scarni che vien da domandarsi se non siano stati disseppelliti da qualche archivio storico. Solo chitarra acustica, banjo, voce e qualche sparuto sostegno ritmico di grancassa. Quando suona dal vivo, a volte questa e' sostituita dai tacchi dei suoi stivali, battuti energicamente sul palco.
"Field Songs" è una raccolta di canzoni country-blues sincere, senza fronzoli, solo melodie e parole che richiamano alla vita rurale, ai nativi americani, ai battelli a vapore, ai canti funebri di una natura deturpata che pulsa ancora nei ricordi di chi l'ha vissuta.
C'e' amarezza, come da tradizione blues.
E la vita nei campi sembra l’unica ancora di salvezza dalle comodità odierne.




Quando da ragazzino ti ritrovi a dover tirare il collo ai polli che poi mangerai per cena ricavi una chiara prospettiva della vita e della morte, di come ogni cosa nasca e sparisca seguendo un andamento circolare” 



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