lunedì 8 febbraio 2016

A proposito di Davis





Llewyn Davis è un cantante folk, vive in una New York anni 60 e la sua vita ruota intorno al Greenwich Village, tra i divani degli amici che lo ospitano e i locali in cui suona saltuariamente aspettando il concerto che gli cambierà la vita. Llewyn ha un animo blues, malinconico, pessimista, indifferente a tutto, capace di esprimere pochissime e volubili emozioni.
Il profilo è di un irresistibile perdente: immerso nella vuota ciclicità delle sue giornate, in fuga dal destino di marinaio che già fu del padre, ma dotato di indubbio talento e capacità di mettersi in gioco nelle situazioni più bizzarre che la vita gli presenta. Unico tragico difetto: trasformare le vie di fuga in vicoli ciechi… ed è li che lo conosciamo nei primissimi minuti della pellicola.
Quello che gli altri vedono in lui dipende da chi sono gli altri: per i suoi amici dei quartieri ricchi è un famoso musicista folk e viveur del  Village, per l’amica Jea è un buono a nulla capace solo di distruggere quello che ha intorno, è un cattivo investimento per i discografici, uno scapestrato senza valori per la sorella e forse semplicemente un parassita per tutti gli altri.


Il realtà, come spesso accade, la ciclicità dei fallimenti ha a tratti un sapore rassicurante: è in fondo prevedibile, familiare e protegge da emozioni ben peggiori e distruttive. Sullo sfondo c’è infatti il dolore per la perdita del suo amico e la paralisi che segue il terrore e la disperazione vissuti di fronte ad eventi incomprensibili. Tutto si ferma da lì in poi.
C'è, nel film, l'amorevole malinconia che i Coen riservano ai loro eroi.
Malinconia e umorismo. E quello stile trattenuto nel raccontare e nel mostrare. E la scelta di un'atmosfera e di una fotografia da perenni mezze stagioni, intonate al personaggio e alla sua filosofia esistenziale del come va va.
Llewyn vive una vita di eterni ritorni e circolari peregrinazioni.
Le cose non gli sono favorevoli ma è anche lui a non volere che lo siano. È un perdente ma lo è per scelta, ama l'inettitudine e l'oscurità, aspira al purismo nell'arte musicale, scivola volentieri verso l'autodistruzione. 


Non è lui a cambiare la musica folk. Mentre le prende fuori dal locale, dentro, a cantare, c'è un certo Robert Allen Zimmerman, alias Bob Dylan.
Llewyn, a Chicago, ha cantato la sua ballata, nella penombra, per un produttore che ha tratto le solite conclusioni: non si fanno soldi con questa roba.
Llewyn lo sa, non si aspettava un'altra risposta, prende la chitarra e ricomincia a girare da un divano all'altro.
I Coen dolceamari rendono onore, alla loro maniera, a tutti i Llewyn Davis che in ogni tempo e in ogni luogo hanno sbagliato, per un pelo, luoghi e tempi.





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