mercoledì 29 ottobre 2014




Cabbagetown e gli Smoke



Al 198 di Carroll Street l'insegna è ancora quella che il padre di Leon attaccò nel 1929, quando aprì The Little Store. La porta è aperta. È ora di pranzo e gli sgabelli in alluminio e cuoio rosso di fronte al bancone di legno sono quasi tutti occupati. Leon sta alla cassa e prende le ordinazioni. Sua sorella Betty si occupa della cucina. Il menu è da sempre lo stesso: hamburger (il migliore della Georgia, dicono i clienti), hot dog, uova strapazzate con bacon e caffè. Sugli scaffali vecchi barattoli di biscotti e insegne rese illeggibili dal tempo, vicino ai fornelli un vecchio frigorifero rosso della Coca-cola. Entra Kenneth, garzone del locale da quando aveva 14 anni (quarant'anni fa), poi arrivano Lewis il postino, Mike, l'uomo che fornisce le bibite, e Joyce la cantante. Il locale ha un odore di Vecchia America Anni '50. Siamo ai margini del centro di Atlanta, a Cabbagetown. Fino a due anni fa questo quartiere, di poco più di duemila abitanti, fatto di villette di legno immerse nel verde, era un'isola di povertà e violenza nel cuore di una delle città più ricche del Sud degli Stati Uniti. Oggi sta diventando un simbolo dell'America piena di cambiamenti, di un'America che, stanca della cultura dell'automobile, si è messa alla ricerca di vecchi quartieri e città per camminare, in cui poter riscoprire antichi valori. 


Tutte le storie di Cabbagetown iniziano intorno a un enorme edificio di mattoni rossi, il Fulton Bag and Cotton Mill. Le sue ciminiere, che da più di un secolo vegliano sugli abitanti del quartiere, hanno rappresentato, un tempo, speranze e vita per migliaia di lavoratori. "Oggi rimangono comunque il simbolo di Cabbagetown", dice un vecchio reverendo nato e cresciuto ai margini di Atlanta. L'atmosfera, all'interno del Little Store, che si trova proprio di fronte all'entrata del Fulton Bag and Cotton Mill, cuore pulsante del passaggio tra vecchia e nuova Cabbagetown, è molto tranquilla. La gente chiacchiera, commenta le notizie del giorno, e osserva con un pizzico di diffidenza i nuovi abitanti del quartiere, che entrano a comprare il latte o a mangiare un hamburger. Seduto in un angolo c'è Todd, 31 anni, proprietario, insieme a due ragazze, di Eureka, un ristorante dal menù esotico che ha appena aperto a pochi metri dal Little Store. "È stato un ottimo investimento", dice. Todd è uno dei nuovi abitanti di Cabbagetown, uno dei tanti che, negli ultimi due anni, ha deciso di trasferirsi qui, perché "il resto della città non ha carattere e questo diventerà un quartiere alla moda". Nessuno sa spiegare con precisione il nome Cabbagetown. Una leggenda dice che tanto tempo fa un camion che trasportava cavoli si rovesciò di fronte al Mill, e così per mesi dai camini delle case uscì odore di cavoli bolliti. In realtà è una lunga storia, che inizia alla fine dell'Ottocento, quando un industriale ebreo decide di aprire in Georgia quella che diventerà la più grande fabbrica del paese. Per trovare lavoratori a basso costo va sulle vicine montagne Appalachie, e trasferisce un'intera comunità di indiani a produrre sacchi di iuta e stracci di cotone tra i mattoni rossi. Il villaggio cresce, la produzione aumenta e i vecchi raccontano che negli Anni '50 Cabbagetown era, nella sua povertà, un'isola di benessere. Poi gli affari del Mill iniziano ad andare male, la miseria aumenta e con essa la violenza. Gli abitanti della città hanno paura ad avvicinarsi al quartiere, dove iniziano a prosperare droga e prostituzione. Quando, nel 1977, il Mill chiude, metà della popolazione di Cabbagetown precipita al di sotto della soglia di povertà, e la criminalità raggiunge un livello due volte superiore alla media nazionale. Molte famiglie lasciano le case e si trasferiscono a lavorare a poche miglia di distanza. Oggi il Fulton Bag and Cotton Mill è rinato, e così Cabbagetown. Le storiche sale di tessitura e cucitura sono state trasformate in eleganti loft, i vecchi negozi in ristoranti per i nuovi abitanti. Il crimine è quasi scomparso, la prostituzione e i trafficanti di droga hanno cambiato zona. Al loro posto è arrivato un esercito di artisti, giovani famiglie e imprenditori, alla ricerca di uno spirito e di una morale antichi, stanchi di viaggiare sulle loro Jeep Cherokee in anonime città-mall, quelle che Tom Wolf nel suo ultimo libro, A man in the Full (che, guarda caso, è ambientato proprio nei sobborghi di Atlanta), descrive così: "L'unico modo in cui ti potevi accorgere di aver attraversato una comunità e di essere in procinto di entrare in un'altra era quando i cartelli dei franchising iniziavano a ripetersi, e allora vedevi un altro 7-Eleven, un altro Wendy e un altro Home Depot". "Quando mi trasferii qui, due anni fa", racconta Lynn Splinter, una pioniera della nuova migrazione, "nella casa accanto alla mia abitava una coppia che allevava galline, e ogni mattina trovavo davanti alla mia porta di casa un cesto di uova fresche. Qui è sopravvissuto un senso di comunità, dove tutti si prendono cura di tutti".
 
 



 La vecchia signora delle uova oggi non abita più lì, e a Cabbagetown si è trasferita la figlia di Lynn, che viene a piedi a portare il pranzo alla madre. L'arrivo dei nuovi abitanti, più ricchi e più esigenti dei "nativi", ha fatto salire i prezzi delle case e il costo della vita. Molti dei vecchi inquilini sono stati costretti a lasciare il quartiere, diventato troppo caro, altri non sono riusciti a resistere alle offerte allettanti, e hanno venduto le loro case. Così le strade, fino a ieri invase da bambini selvaggi che scorazzavano sui go-kart o da maliziose ragazzine che giocavano a far le prostitute, oggi sono occupate da coppie che spingono passeggini e giovani che portano a spasso il cane. I vecchi dicono che i nuovi inquilini di Cabbagetown hanno buoni propositi "non sono come gli speculatori edilizi che negli Anni '80 hanno tentato di scacciarci". In fondo sono yuppies anche loro, ma dopo aver inseguito per anni il sogno del successo, ora cercano la Vecchia America fatta di giardini, portici in legno e torte di mele, che quest'anno ha deciso di votare solo per protesta; contro la costruzione di nuove città artificiali, o per difendere gli spazi verdi e i quartieri a misura d'uomo. Per sopravvivere a Cabbagetown è necessario rispettare le leggi dell'antica comunità venuta dalle montagne. Con queste intenzioni John Dirga è arrivato qui due anni e mezzo fa, a soli 23 anni, per aprire un centro per bambini. Il Cabbagetown Children Center: organizza corsi di pittura, musica, danza. I bambini possono creare opere che poi vengono messe in vendita. "Il mio scopo", spiega John, "è convincerli che si può restare per la strada senza essere delinquenti. All'inizio mi guardavano con sospetto, poi hanno capito che ero qui per diventare parte della loro comunità, e mi hanno accettato. Permettendo ai loro figli di frequentare il centro".


 Alle porte di Cabbagetown vive Benjamin, leader della band underground Smoke. Insieme a lui, camminando per le strade di questa microcomunità, si scopre la città degli Anni '80, segnata dalla droga, dalla violenza, dalla prostituzione. "Stanno uccidendo la bellezza di questo quartiere, che nasceva dalla sua fragilità e disperazione". Benjamin è arrivato qui alla metà degli Anni '80, quando, vestito da "drag queen", cantava per un gruppo chiamato Opal Oval Foxx Quartet. "Sono venuto a vivere qui con uno dei miei musicisti, in quella casa di fianco al Cotton Mill". Da allora la comunità di quelli che lui chiama i "cabbage edges" diventò come una grande famiglia, "in cui bisognava far finta di non vedere quello che succedeva. E loro facevano finta di non vedere che tu eri distrutto dall'alcool e dalla droga. Se non ci fosse stato però il calore di questa gente, gli Smoke, non sarebbero mai nati e io sarei già morto". La madre di Greg, "l'uomo silenzioso e scorbutico che ama costruire go-kart per I bambini", lo riconosce e lo saluta. Benjamin è felice come un bambino in un negozio di giocattoli. Fuori dalla squallida stanza in cui è costretto a vivere per potersi curare l'Aids, si aggira per le strade di Cabbagetown alla ricerca di volti conosciuti, di odori familiari: ma del vecchio mondo disperato e violento, "fragile e vulnerabile come me", che gli ha ispirato canzoni come Another Reason to Fast e gli ha dato la forza di salire sul palco insieme a Patty Smith, è rimasto poco. Greg ha smesso di costruire go-kart perché lo spazio in cui correvano i bambini è occupato dal parcheggio del ristorante Eureka, e nessuno dei nuovi abitanti ha mai sentito parlare degli Smoke.


 Non resta che andare a sedersi tra le tombe del cimitero di Oakland (dove sono sepolti Margaret Mitchell e Jacob Elsas, il fondatore del Mill) da dove si può osservare Cabbagetown con le sue ciminiere di mattoni rossi e le sue case di legno. E far finta che il tempo non sia mai trascorso.




1 commento:

  1. è una bella storia,dallo sfondo triste come lo sfondo di tutte le grandi città, bella e triste come il genere umano.

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