domenica 10 novembre 2013




L’uomo che andava al cinema – Walker Percy



“Il fatto è che sono proprio felice in un cinema, anche quando proiettano un brutto film. Altre persone, così ho letto, fanno tesoro dei momenti memorabili della loro vita. Quello che ricordo io è quando John Wayne uccise tre uomini con una carabina mentre cadeva nella polvere in Ombre rosse e la volta in cui il gattino trovò Orson Welles sulla soglia del portone nel Terzo uomo.”


Binx Bolling diffida della realtà grigia e indifferente.
Diffida del prossimo, della normalità a cui è chiamato.
Preferisce il cinema, luogo in cui si può vivere qualcos’altro, anche se non necessariamente migliore, al punto che anche un brutto film, visto in una sala buia, dà felicità.
 Preferisce le belle donne, che strappano ai suoi occhi lacrime di gratitudine.
È la sua via verso la Meraviglia e il Mistero.  
Kate Cutrer è vittima di una sinistra magia: trasforma quello che tocca in orrore.
Ma quando tutto è perso, quando gli altri si disperano per lei, è allora, nel momento più nero, che Kate appare come la divina, la donna più affascinante di New Orleans.
Binx e Kate si riconoscono al volo, si fiutano a lungo, tentano di evitarsi, si ritrovano.
Un romanzo sulle trappole della società moderna, ma Percy ci rassicura: possiamo sconfiggere la solitudine se ci interessiamo alla ricerca, cioè allo stupore della vita.
Un grande e dimenticato capolavoro americano. 

“Ci fermiamo in una baia e prendiamo un aperitivo sotto le stelle. Non è male decidere di percorrere la strada secondaria, non la grande Ricerca della felicità ma la piccola e triste felicità degli aperitivi e dei baci, una buona macchinina e una coscia calda e tenera.”


Walker Percy è nato a Birminghan in Alabama nel 1916 in una famiglia altolocata ma parecchio infelice: il padre si suicida prima della sua nascita, la madre muore due anni dopo in un incidente stradale. Lo zio che gli fa da tutore si rivolge a lui citando massime di Marco Aurelio.
Viste le premesse, non stupisce che Walker riveli un temperamento piuttosto introverso e sensibile, nonché una certa propensione alla sfortuna.
Si laurea in medicina, ma negli anni di tirocinio contrae una brutta forma di tubercolosi, che lo costringerà a un’interminabile convalescenza.
Durante i lunghi mesi a letto legge Kierkegaard e Dostoevskij, si converte al cattolicesimo e decide di gettare il camice alle ortiche e diventare scrittore.
Studia, scrive e conduce vita ritirata; tra i suoi grandi meriti, l’aver portato alla pubblicazione “Una banda di idioti” di John Kennedy Toole.
Percy muore a New orleans nel 1990.


“Oggi è il mio trentesimo compleanno e sono seduto sulla giostra nel cortile della scuola, aspetto Kate e non penso a niente. Ora, all’inizio del trentunesimo anno del mio tetro pellegrinaggio sulla terra, sapendo meno di quanto ne abbia mai saputo, avendo imparato solo a riconoscere la merda quando la vedo, vivendo in realtà nel secolo stesso della merda, il grande cesso dell’umanesimo scientifico dove i bisogni sono soddisfatti, dove ognuno diventa uno qualsiasi, una persona calorosa e creativa, e prospera come uno scarafaggio stercorario, e dove gli uomini sono morti, morti, morti; e dove il disagio occupa perennemente il cielo come una pioggia di pulviscolo radioattivo e dove la gente teme in realtà non che si faccia esplodere la bomba ma che non lo si faccia - in questo giorno in cui compio trent’anni, non so nulla e non mi resta altro da fare che cadere in preda al desiderio.”

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