venerdì 16 agosto 2013



Il buio fuori – Cormac McCarthy


In questo romanzo, le dimensioni del selvaggio assume forme e sembianze speciali, come se fossero personaggi attivi e concreti, piuttosto che parti del paesaggio.
Alberi, fango, ciottoli, il fiume, la pioggia incidono nella storia con un peso specifico rilevante.
E’ una natura enigmatica, cupa, ombrosa, tagliente con cui Il buio fuori anticipa lo scenario di La strada.
Rinthy ha un figlio dal fratello che glielo porta via e l’abbandona in mezzo ad un bosco e poi fugge. Lei lo insegue per ritrovare il bambino e attraverso le strade che percorrono emergono paesaggi bucolici, aridi, crudeli e una pattuglia di sbandati che appaiono e scompaiono come cavalieri dell’apocalisse.
Il romanzo vive di suggestioni, di atmosfere e di ombre, passaggi lineari e pugni nello stomaco. Qualcosa che, soprattutto per merito di un linguaggio scarnificato fino all’osso, si avvicina in modo pericoloso alla realtà e che puzza di vita e di morte.
Il buio fuori, che risale ai suoi esordi (era il 1968) è ancora un acerbo ibrido rispetto ai suoi fortunati successori ma le descrizioni della wilderness americana sono sempre eloquenti, i dialoghi brucianti, la tensione altissima e pronta ad esplodere da un momento all'altro. Quando, per inciso, appaiono quei  tre pazzi sanguinari che, con inesorabile lentezza dispongono di vita e di morte su qualsiasi cosa respiri che incontrano sul loro sentiero.
Inquietanti, e magici, come Il buio fuori.

" si incamminò verso il paese, e quando arrivò sulla sommità di un rilievo della strada due avvoltoi si alzarono faticosamente in volo da un albero secco in mezzo a un campo, al quale erano appesi i corpi di tre uomini. Uno era vestito con un abito bianco sporco. Tutto era immobile.
 Gli avvoltoi girarono fino a scomparire dietro il bosco, e non c’era suono o movimento in nessun luogo. C’era solo il progressivo raccogliersi della luce alla quale quei morti senza occhi erano estranei e irreali come figure uscite da un sogno".

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