mercoledì 5 ottobre 2016

Piero Ciampi, punk prima di te






"Se mi vogliono mi pagano, quelli della Rai sono ricchi, hanno mocassini di lusso che costano anche diecimila lire"
Piero Ciampi



 

Con questa frase Piero Ciampi, nel 1976, rifiuta, pur bisognoso di pubblicità, di farsi riprendere dalle telecamere del Premio Tenco. Dopo due inviti negli anni precedenti, rispettivamente finiti nel nulla o in un telegramma che recita un dimesso ed esaustivo "Non sono potuto venire. Piero", ecco che finalmente il cantautore livornese approda sul più importante palco della storia della nostra canzone.
Quella a cui il pubblico assiste quella sera è la più punk tra le esibizioni live della nazione, una sorta di declinazione da chansonnier di derivazione francese di quel Sid Vicious che canta "My Way", prende la pistola e spara al pubblico immobile. Dopo aver ottenuto il cachet di 130.000 lire in netto anticipo sui suoi colleghi, seducendo e ricattando il fondatore del Tenco Amilcare Rabaldi e infine minacciandolo di non salire sul palco, Ciampi si presenta alla platea ubriaco, appena rientrato da una lunga sessione di vino e birra.



Con un ritardo pazzesco e su una base che parte ed è costretta a occupare il tempo da sola, Ciampi attacca il primo dei quattro pezzi che eseguirà nella mezzora a sua disposizone: una versione assolutamente inedita, testo e cantato, di "Te lo faccio vedere chi sono io". L'immediata sensazione, all'ascolto della registrazione più che casalinga di quell'ultimo recital del cantautore, è di una triste e imbarazzante monologante variatio delle versioni orginali dei suoi brani, sensazione destinata a disperdersi col procedere del live. Prima di eseguire "Adius" e di gridare a gran voce il più celebre vaffanculo della canzone e d'Italia, Ciampi riesce a discutere con il pubblico rispondendo sonoramente a un timido contestatore con l'ormai epica frase: "tu sei un anonimo, se vuoi parlare devi venire qua, io rischio e te no" e insieme a dare vita al Ciampi degli annali, grazie a un improvvisato micro trattato sul discorso amoroso, spiegando che un uomo, per conquistare una donna, deve sempre essere debole perché un uomo che fa la corte è sempre debole per definizione.

Discorsi che hanno il potere immediato di trasformare la regolare e pettinata normalità di una kermesse di giacche, in un ring tra il poeta e l'ascoltatore, tra il potere naturale dell'arte e l'ordinato potere degli spazi a essa dedicati. Piero Ciampi è sbronzo, ma uno sbronzo che non perde mai il lume, trasformando una situazione ai limiti nell'occasione che il premio Tenco stava aspettando per esistere in sé stesso, per essere celebrato attraverso un live-verità irripetuto. Mentre il punk Ciampi, nel 1976, a due passi da una morte per tumore alla gola, ancora pagava il prezzo del rappresentare l'ultimo buco nell'acqua della discografia italiana, quel L'italiano cioè che doveva essere, stando ai giornaletti dell'epoca, il cantautore emblema della temeraria follia della Ricordi, altrove si costruivano a tavolino band che su innaturali sregolatezze e forme di antagonismo preconfezionato avrebbero costruito storie e carriere di maggiore successo.

Alla struggente versione di "Ma che buffa che sei" che pure in pessima qualità sembra restituire ogni strato poetico dell'originale, è il monologo che apre l'esecuzione dell'ultimo pezzo, "Il giocatore", a reggere tutta la potenza dell'intero live. Che cos'è il giocatore? Ciampi ce lo spiega:
"Il giocatore è un guerriero che tiene in mano una spada con cui cerca di inculare il denaro, bisognerebbe dargli una pensione"
Dice proprio così, sul palco del Tenco, Piero Ciampi, nel 1976, dopo aver zittito un pubblico dapprima sgomento per la sua sbronza colossale e poi evidentemente attonito di fronte a un talento così violento e invadente da assorbire. E aggiunge: "il giocatore è l'unico che ha capito la micidialità del denaro, il denaro ci frega tutti"

Niente di nuovo per Ciampi, che già aveva abbondantemente scritto il verso "Il denaro è un porco", di volta in volta sintetizzando e raccontando il rapporto più complicato della sua vita insieme a quello con l'alcool e a quello con le donne - la cui qualità ruotava costantemente proprio intorno a vino (troppo) e denaro (sempre troppo poco).

Sconcertante è la naturalezza con cui questo autore sia riuscito a portare avanti in modo del tutto selvaggio e prescindendendo dai luoghi deputati alle proprie performance, una precisa forma di talento e rabbia, il modo in cui non si sia mai posto al gioco della tv e della forma spettacolo, comportandosi da indipendente prima della musica indipendente e portando sui pochi palchi solcati l'immobilità plastica (Senza rete, 1970) o la composta rabbia di chi, già molto prima di cantare i cantatissimi ultimi, aveva trascorso una vita come fosse predestinato ad arrivare ultimo.
Il live del 1976 è un evento di cantautorato-verità e punk senza successori, Ciampi non ha paura né niente da perdere e non c'è ragione per non mostrarsi nudo di fronte a tutti a rivelare i drammi delle dinamiche amorose, familiari ed economiche, il dolore della solitudine che si prova solo se si è in due, la pura tristezza delle angosce del vivere.
In fondo nient'altro è richiesto a un poeta, come lui non esitava a definirsi prima che il suo volto diventasse emblema di maledettismi che Ciampi stesso non avrebbe capito, impegnato com'era a guadagnarsi bevute e giuste mani di poker.
  


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