domenica 15 maggio 2016

Chris Stapleton - Traveller






The singer not the song si diceva un tempo. Oppure no: è esattamente il contrario. Fate vostro l'adagio che preferite, tanto pare che Chris Stapleton possieda entrambe le carte vincenti. Una cosa è certa, il suo esordio Traveller è la smentita più clamorosa per quelli che hanno sempre pensato che in fondo a Nashville i talenti più che farli sbocciare, li rovinino a suon di smancerie. 


Il fatto è che qui dobbiamo tornare a un'altra Nashville, a quella dei ribelli e dei fuorilegge che all'alba dei Settanta riusciva a mediare fra industria e ispirazione, fra gesto artistico e immaginario americano. Stapleton è proprio il compromesso giusto per mettere d'accordo conservatori e progressisti della country music. 


Fuori dalle coincidenze e dai paragoni, Chris Stapleton possiede poi un suo gesto, del tutto personale: è persino impossibile definire questo debutto come un album di country ortodosso. Qui semmai cadiamo nel campo del canone sudista, una musica tra radici bianche e nere imbevuta di southern soul e country rock da banditi, di umori gospel e ballate da bivacco, dove la voce, non è affatto una nota a piè di pagina. 


Lo si intuisce già nella title track che fa da apripista, un dolce sobbalzare tra steel guitar e grandi spazi americani che rivive l'ennesimo viaggio sulla strada, in duetto con la moglie Morgane. È lei, si dice, ad avere spinto Chris verso le sue radici musicali, un viaggio dall'Arizona al Tennessee per esorcizzare la morte del padre e riprendersi la sua vita. 


Dopo anni in cui Stapleton ha scritto hit milionarie per Kenny Chesney, George Strait e Darius Rucker, per nostra grazia i soldi delle royalties li ha spesi per registrare nei leggendari studi della RCA, garantendosi Robby Turner (Waylon Jennings band) alla pedal steel e Mickey Raphael (Willie Nelson) all'armonica.
Il debutto di Stapleton è notevole, forse il migliore disco country degli ultimi anni.




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